domenica 11 luglio 2010

VII dopo Pentecoste

Prima che la Promessa si compia, Israele deve fare alleanza con il suo Dio. Quella terra non si possiede, è dono.

Se fra le mani avessimo il contratto di quel giorno troveremmo questi dati: a firma di Dio e Israele, davanti al cielo e alla terra, testimoni autorevoli, viene oggi data in Sichem al popolo la terra dove scorre latte e miele, nulla di più desiderabile. Dio si impegna ad esserci, a non dimenticare, a portare sul palmo della sua mano la sua gente, come una madre, a prendersi cura dei suoi figli, a lottare per loro. Israele si impegna a dimenticare gli idoli e a servire Dio solo.

Guardiamo meglio chi sono gli attori di questo contratto. Dio è colui che c’è stato, c’è e ci sarà come aveva promesso a Mosè nel giorno della chiamata al roveto ardente. È lui che vuole questa Alleanza, che chiama Israele a scegliere perché non impone nulla ma vuole assenso suscitando libertà. È un Dio che pone con le spalle al muro il suo popolo perché non tollera l’inerzia.

Israele oggi s’impegna con generosità, con sincerità. È un popolo che ha sentito forte la tentazione di servire gli idoli che altro non sono che l’immagine di noi stessi, qualcosa di manipolabile; a differenza di Dio non pretendono la relazione, non chiedono di cambiare il cuore. Sappiamo che questa tentazione si affaccerà anche dopo questo giorno a Sichem e che questo contratto sarà più volte spezzato.

Il vangelo fa da risonanza a questo brano. Anche Gesù mette con le spalle al muro i suoi. Questa volta in gioco c’è l’accogliere o meno le esigenze forti, dure, della sequela. Stare con Gesù non può mai essere per inerzia e il Vangelo non è mai per le masse – Gesù non ha mai badato alla logica del numero – ma delle singole coscienze che si confrontano con esso e decidono di farlo proprio. Gesù ha appena concluso il discorso del Pane di vita, ha appena dichiarato di essere lui Pane spezzato, amore che non si risparmia in nulla e si dona totalmente. Lui è il Messia non della rivoluzione ma della debolezza, della croce, della vita che si offre. E chiede comunione, pretende che chi sta con lui sia come lui, abbracci la via piccola della sconfitta che agli occhi di Dio è vittoria sul mondo. Chi è stato con lui ora deve fare i conti, deve capire bene ed ecco perché si tirano indietro in molti, tranne i Dodici che accettano la sfida, forse non capiscono fino in fondo, ma comunque vogliono mettersi in gioco.

E anche noi anzitutto oggi lasciamoci mettere con le spalle al muro come singoli e come Comunità. Liberiamoci dall’inerzia anche semplicemente chiedendoci perché siamo qui ora, perché crediamo, perché ci diciamo cristiani: è tramontato per sempre il momento in cui come popolo non possiamo non dirci cristiani, è finita per sempre l’epoca del cristianesimo di massa e proprio per questo è uno scorcio splendido della storia perché valorizza la scelta delle singole coscienze di aderire al Vangelo.

Inoltre facciamo i conti e chiediamoci da che parte vogliamo stare, se accogliamo in noi la logica disinteressata di servire il mondo fino a dare la vita. Con Gesù non ci sono vie di mezzo.

E infine risvegliamo l’orgoglio di un’appartenenza a questa Chiesa. Nonostante tutto, nonostante le ombre, nonostante le persone, in questa Chiesa noi troviamo Gesù Cristo e senza saremmo smarriti.

domenica 4 luglio 2010

VI dopo Pentecoste

Un’alleanza antica e una nuova ma un’unica pedagogia, quella di un Dio appassionato della sua creatura, disposto a rincorrerla e a tendergli sempre la mano.

Oggi abbiamo letto di Mosè che sancisce con il sangue dei sacrifici la prima alleanza, quella del Sinai. Dio ha liberato il suo popolo dalla mano degli egiziani, ha teso l’orecchio al loro grido, si è gettato nella mischia e ha preso posizione in mezzo ai suoi, si è voluto profumare di popolo e ha deciso di lottare dalla loro parte. Ora che sono in cammino verso la terra della Promessa fa loro dono della Legge, rispettarla significa fare spazio a Dio nello scorrere dei giorni, ritrovare il sentiero da percorrere per non smarrirsi nei propri ripiegamenti, insidiosi quanto la schiavitù. La Legge infatti assomiglia ai paletti posti lungo la strada, ai guardrail per non uscire dalla corsia e farsi male. Ma poi quella strada va percorsa, si deve trovare la voglia di agire in positivo per assomigliare a Dio in ogni istante della propria vita. Ed è qui che emerge il limite della Legge. Conoscerla ed evitare di fare il Male non basta per fare il Bene. E tutta la storia d’Israele da quel deserto in avanti è un continuo venir meno da parte del popolo all’Alleanza. Serve una marcia in più, serve un cuore nuovo,un qualcosa che lo modelli e lo trasformi da pietra in carne! Ed ecco perché nel sangue versato sulla croce si apre il tempo di un’Alleanza nuova dove, in nome di un amore che tace e si offre, immagine di un Dio che si fa dono totale senza risparmiarsi in nulla, noi possiamo dirci perdonati e amati. Ecco perché nell’acqua da quel costato noi leggiamo, assieme al Testimone che ha scritto quei fatti, il dono di uno Spirito che ci guida, ci fa comprendere qual è il volto di Dio e che ci modella come figli.

Cosa vuol dire per noi essere attori della nuova Alleanza?

1 Vuol dire anzitutto essere gente stupita, con la mano sulla bocca aperta per il dono di un Amore che non chiede nulla e si fa offerta di sé. Significa riconoscersi figli, non interlocutori chiamati semplicemente a stare alle regole del gioco. Vuol dire essere contemplativi, capaci di spiare il cielo oltre i ripiegamenti di ogni giorno e ritrovare in Dio il volto del Padre. Sapere che io sono anzitutto amato indipendentemente da ciò che faccio e riesco a dimostrare mi libera dal senso di angoscia, dall’ansia di prestazione e di perfezionismo. Noi siamo schiodati dalle colpe, dal male che abbiamo fatto. Dimorare nel costato trafitto è sentirsi bimbi nella mano di un Padre che ci ama teneramente.

2 non ci basta la Legge. A noi non basta non fare il male, bisogna vivere in pura perdita di sé senza trattenere nulla, correre su questo cammino in salita che è il modo più autentico per una vita riuscita. Ama e fa quello che vuoi diceva Agostino. Perché chi ama sa essere immagine di Cristo. L’uomo spirituale è l’uomo morale perché non c’è nessuno che accoglie seriamente Cristo e poi non vive l’amore.

3 Noi come Chiesa siamo il popolo di questa nuova Alleanza. Siamo chiamati a vestire abiti profumati di nuovo e non di vecchio, dobbiamo sostituire il lievito vecchio con quello nuovo, siamo gli otri appena confezionati che possono contenere il mosto spumeggiante. Quando la Chiesa si fa serva del mondo, quando con coraggio indica che è Cristo la gioia, quando si fa compagna dell’uomo di oggi senza giudicarlo ma accogliendolo perché amato indipendentemente da ciò che è e che fa allora è immagine bella del suo Signore. Quando si libera dei segni del potere, quando si fa compagna con i poveri, quando incarna il Vangelo delle Beatitudini, quando vince la tentazione del tradizionalismo che è dare risposte vecchie a problemi attuali, allora è secondo la Nuova Alleanza.

E noi che ogni domenica spezziamo il Pane facendo memoria di questo inizio dell’Alleanza, volendo dare continuità a quella sorgente che si è aperta sul Calvario, riempiamoci le mani di quell’acqua e portiamola come un dono a chi ne è assetato.