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un Dio che è salvezza per tutte le genti: l’altra prospettiva sulla missione
In
questo ultimo scorcio dell’anno liturgico il lezionario ci sta invitando a
riflettere sul mistero di Gesù che convoca
la sua Chiesa e la invia missionaria nel
mondo fino al giorno in cui lui
ricapitolerà ogni cosa, fino a quando tirerà i cardini della storia e darà
un senso a tutto, anche alle pagine oscure della nostra vita e ai tanti perché
che oggi ci serrano il cuore e, a tratti, la gola. Il credente dunque sa di
essere chiamato ad una sfida non da solo ma sempre con altri fratelli, puntando
sempre oltre: il suo orizzonte è il mondo e il suo confine è il futuro del
Regno…fa bene ogni tanto dirselo per non rischiare di restare impantanati e
invischiati in una dimensione troppo ripiegata sull’attimo presente o sui
confini angusti delle proprie piccole strade. Fino al giorno ultimo siamo
chiamati ad uscire verso ogni uomo per annunciare con la vita e con le parole
che Cristo è il senso dell’esistenza e che se rischi con lui non perdi e non ti
perdi mai.
Oggi
il tema che compare come sottotitolo a questa II domenica dopo la dedicazione
del Duomo è la chiamata delle genti alla salvezza. È un modo altro per dire la
missione della Chiesa, è una prospettiva forse più specifica per ritrovare il
senso di una direzione da marcare a passi rapidi verso i confini della terra. La missione non è anzitutto opera nostra,
noi non dobbiamo proprio convincere nessuno a passare, armi e bagagli, dalla
nostra parte: la missione è dare nome e
indirizzo alla nostalgia che l’uomo di sempre e di ogni terra porta nel cuore,
la nostalgia di poter incontrare nella sua vita Dio, di poter far incrociare le
sue domande di senso alla risposta che è Cristo, con la sua vita, la sua Parola
e la sua Pasqua. Si spezza così l’ansia di convertire a tutti i costi vicini e
lontani e il nodo della questione diventiamo noi e l’esemplarità di una
testimonianza che in questo senso riusciamo ad offrire; perché alla fine il
punto è se noi per primi siamo capaci di trovare in Gesù la fonte che disseta
le nostre inquietudini.
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Una questione attuale: le altre
religioni e il cristianesimo (Conc. Vat. II Nostra Aetate).
Se
così stanno le cose diventa allora urgente riprecisare quale deve essere l’atteggiamento del credente nei confronti
delle altre religioni. Siamo in una stagione non facile, di crisi, e quando
si ricerca la propria identità si rischia a volte di alzare un muro e di
cercare un nemico, di ribadire le differenze. Per questo si rischia di rendere
anche le religioni strumentali a questa contrapposizione, si innesta la paura
del diverso e si smarrisce il tesoro che anche la tradizione più recente della
Chiesa ci consegna a partire dal Concilio: tutti
sono salvati in Cristo; in ogni religione, addirittura nella retta
coscienza dell’ateo e dell’agnostico, è seminata la presenza creativa dello
Spirito. Per dirla con papa Benedetto nei giorni appena passati ad Assisi: siamo tutti pellegrini verso la Speranza.
È ancora il tempo di sottolineare ciò che ci unisce più che ciò che ci divide e
a noi cristiani resta da vivere la gioia del Vangelo e l’espressione alta della
Carità per essere testimoni della bellezza di Cristo. E io non posso non
pensare di aver intravisto Cristo nell’amore sincero delle mamme musulmane di
Sarajevo che accolgono nelle loro case, come mamme affidatarie, i bambini
orfani della seconda generazione dopo la guerra; non posso non dire la
straordinaria accoglienza verso i nostri giovani fino a farci celebrare messa
in una delle loro case. Non posso tacere lo stupore di aver sentito dire, in
quella terra segnata dalla contrapposizione e dalla divisione, che, vedendo i
nostri giovani all’opera, loro musulmani hanno compreso che anche i cattolici
sono capaci di amare e che dire il contrario è solo sterile propaganda!
3
l’immagine della rete…
Forse
mi soffermerò poco sul brano di vangelo che oggi ci è proposto ma è di una
lucidità tale che, annunciato in un contesto così, sa illuminare ancora più in
profondità il nostro tema. Il Regno è come una rete gettata in mare. In questo Regno convivono i diversi,
addirittura i buoni e i cattivi insieme. Ma a noi non è dato di fare
discernimento fra gli uni e gli altri. Ci è chiesto di condividere la nostra
esistenza con i nostri fratelli ed essere noi per primi impegnati a incarnare
il Vangelo facendo sì discernimento fra
il bene e il male, rifiutando la logica del peccato, la ricerca del potere
e tutto ciò che uccide la dignità dell’uomo, cercando, in altre parole, di
essere pesci buoni e denunciando ciò che è male. E un giorno ci sorprenderemo che Dio avrà tratto da quella rete molti
più pesci di quello che immaginavamo, fratelli che magari abbiamo avuto la
tentazione di giudicare lontani e perduti ma che sono stati sinceramente
ancorati alla Carità, l’unica cartina di tornasole, l’unica controverità di
ogni religione e di ogni fede. E allora sarà festa.
4
come una conclusione. ogni scriba che diviene discepolo…
All’inizio
non ho compreso bene il perché di queste parole, mi sono chiesto cosa
c’entrassero con il tema posto dalla liturgia di oggi. Ma poi ho pensato che,
se è vero che la salvezza è data a tutti indistintamente, allora ogni
praticante di qualsiasi religione, in retta coscienza, è come uno scriba che ha
un tesoro prezioso da cui attingere sapienza. Ma, come è lecito pensare di
restare scriba, sarebbe magnifico se
tutti conoscessero Gesù e diventassero suoi discepoli. Il tesoro della vita
si arricchisce quando riconosci che Cristo è la pienezza della Rivelazione di
Dio.