domenica 15 luglio 2012

settima dopo Pentecoste

Mosè ha ceduto il passo a Giosuè e Israele entra nella terra della Promessa. Non è Mosè a condurli, Il testo sacro ci dice che anche lui mancò di fede alle sorgenti di Massa e Meriba e per questo fu punito. Trovo molto suggestivo un commento rabbinico al perché di tanta severità nei confronti di un uomo fra i più grandi dell’alleanza. Se è vero che Mosè rappresenta la Legge e la Terra l’alleanza di Dio con l’uomo, la comunione fra lui e la sua creatura, la meta raggiunta del cammino di una vita buona, allora si comprende che non è la legge a farti entrare in questa dimensione. La Legge ti indica la strada, ma è l’amore solo che ti fa percorrere il cammino.

A parte questa suggestione, Israele in quella terra deve lottare. Dio è dalla sua parte ma non gli è risparmiata la fatica della conquista, la dimensione della lotta. E la pagina di oggi ci racconta proprio un momento di guerra nata da un’alleanza a Gabaon. Sono molte le domande che potremmo porci riguardo alla Verità del nostro Dio, a quale sia realmente il suo volto, al suo presentarsi oggi come un Dio che muove alla guerra e distrugge i nemici con forza implacabile. Ma su questo credo che si possa rispondere che la comprensione dell’uomo di Dio è tutta in divenire e che questo testo leggendario coglie alcuni aspetti della rivelazione che poi sono si sono affinati e sono giunti a pienezza nella rivelazione cristiana: Paolo e Gesù nel Vangelo ci dicono che la vera lotta è la perseveranza nella tribolazione, nella fatica di conservare la fede, di resistere contro tutto ciò che in noi e attorno a noi tenta di raffreddare il nostro cuore.

Vorrei piuttosto lasciarmi afferrare da alcune suggestioni molto affascinanti che la Parola di oggi ci consegna.

1 la fede non ti esenta dalla condizione della sofferenza. Anzi, talvolta Dio ti fa passare di deserto in deserto e ti costringe a lottare con tutto te stesso. Perché l’uomo di fede a volte vive la sensazione che le tenebre del suo cuore sono pari alle luci e non riesce a fare una sintesi, vive sulla sua pelle il dramma dell’incredulità pur non rassegnandosi all’ateismo ma cercando sempre un motivo in più per credere. Un altro motivo di lotta è senz’altro contro il male che abita nel nostro cuore e che riconosciamo molto bene ma a cui spesso cediamo il passo nel quotidiano. Ci assale a volte lo sgomento, la disperazione, sappiamo che non ce la faremo mai da soli e per questo siamo tentati di mollare il colpo. Ma qui la cosa più importante da capire è che non ci salveremo con le nostre forze ma solo arrendendoci alla Grazia di Cristo. Infine l’uomo di fede talvolta, venendo dal futuro, sente bruciare sulla sua pelle il dramma dell’ingiustizia e si veste di profezia per denunciare il mondo e la sua logica di potere, denaro e apparenza. E questo lo mette spesso ai margini e lo costringe a soffrire: come tacere e come assecondare il mondo se hai visto che il pensiero di Dio è altro e in ogni tempo c’è sempre qualcuno che calpesta la dignità dell’uomo?

2 la lotta del credente e la certezza di essere sostenuto. Come Giosuè  e tutto Israele lottano ma al loro fianco riscoprono Dio che interviene con segni prodigiosi. E come dice Paolo nulla ci può separare dall’amore di Cristo. Proviamo allora ad andare con la memoria ai momenti di grande difficoltà. Chi di noi non ha mai sentito ad un certo punto la mano di Cristo stretta alla sua. Oppure chi non ha mai vissuto l’esperienza di incontrare uomini e donne molto provati ma con una fede immensa e capace di lasciaric a bocca aperta ocme uno splendido fiore nel deserto.  

3 il credente è a immagine di Cristo: un perdente rispetto alle logiche del mondo ma uno che sa che alla fine è quando ti doni con amore che ti ritrovi e salvi il mondo. Dalla tua lotta che alla fine t porta a donarti senza trattenere nulla, a credere che l’unica forza che vince il mondo è l’amore e proprio per questo ti consegni per amore, tacendo, sapendo che per l’oggi l’importante è seminare. Altri poi raccoglieranno.

Dio non si è rivelato per togliere la sofferenza e nemmeno per spiegarcela: Dio si rivela per abitarla assieme a noi.

domenica 1 luglio 2012

quinta dopo Pentecoste

Prosegue la nostra corsa lungo le tappe più importanti della storia della salvezza. La liturgia, da parte sua, rende presente qui e ora quegli avvenimenti: è come se si squarciasse l’orizzonte del tempo e il passato e il presente si dessero appuntamento per noi, perché possiamo guardare, prendere parte, scoprire che in questa storia anche noi siamo i protagonisti, anche noi da sempre nella mente di Dio, che quelle dinamiche in cui si sono trovati gli altri protagonisti sono anche le nostre, così le loro scelte illuminano il nostro sentiero perché possiamo ricalcarne le orme. Il futuro della vicenda dell’uomo con Dio passa anche attraverso il nostro sì! E poi l’ascolto della Parola apre i nostri occhi a volte così annebbiati dalle cose che contano poco e che hanno preso il sopravvento, quelle cose urgenti che fingono di essere necessarie, e ci riporta alla certezza che il Regno c’è, che i piccoli di questo mondo che non contano nulla sono i beati, che in mezzo a noi passa il Signore e allora tutto si veste di nuovo e noi non siamo più soli.

E così dopo aver ascoltato la Parola della Creazione, dopo che abbiamo contemplato e ci siamo lasciati interrogare sull’amore dell’uomo per la sua donna, dopo la riflessione sul Male, le sue conseguenze e la sua drammaticità che può essere evitata solo con una austera resistenza, comprendendo che solo il Bene getta semi di speranza. E oggi, mettendo al centro la figura del padre Abramo, la Parola ci invita a pensare alla fede.

Paolo ci autorizza a chiamarlo padre, anche noi che non siamo circoncisi e siamo come un innesto sull’olivo di Israele. La fede ci rende suoi figli perché la circoncisione è solo il segno esteriore, il suo fidarsi di Dio, sentirsi protetto nel palmo della sua mano diventa il principio a cui anche noi possiamo ispirarci.

Mi sembra che siano almeno 3 le angolature da cui dare risonanza alla Parola ascoltata

1 la fede è la gioia di un’amicizia a cui corrispondere.

L’uomo di fede, come Abramo, è aperto ad una realtà altra, sula presenza di un Dio che tuttavia è il primo a venirci incontro. E se le altre religioni sono lo sforzo dell’uomo di dare un senso e una risposta alla nostalgia dell’Altro che l’uomo di sempre si porta nel cuore, per la nostra fede c’è un dato in più: è l’adesione a un Dio che si dà appuntamento con la sua creatura, bussa alla porta del suo cuore, per lui lotta, scommette, promette giurando su di sé senza pretendere altro, in modo del tutto unilaterale. Il vero miracolo, il punto di partenza imprescindibile, non è tanto la fede dell’umo in Dio ma l’atteggiamento di dio che continua a credere nell’uomo.   

2 la fede è una finestra spalancata al futuro.

Abramo crede, si affida a questo Dio che gli parla in modo perentorio e autorevole, comunque pieno d’amore. Eppure, alla fine della sua vita, Abramo vede la promessa di oggi realizzata solo per metà. Potrà abbracciare Isacco ma la terra non la possiederà mai. Solo un piccolo fazzoletto in cui ha potuto seppellire sua moglie Sara. Dunque, all’atto pratico, credere a che serve? Non stringi nulla, forse ti prendono in giro perché ti ostini a darti valori altri, porterai sul tuo volto per sempre i tratti del perdente. È vero, la fede non serve a nulla…ma averla ti cambia tutto! chi crede viene dal futuro, ha il respiro dell’eterno ecco perché appare spesso fuori moda perché non è mai di moda! È troppo avanti! Ama la povertà perché Dio solo gli basta, ama la semplicità perché è l’unica cosa che non ti spegne mai il sorriso, ama l’essenzialità perché sa che nell’apparire non c’è mai la sostanza. L’uomo di fede è così un rivoluzionario, uno che sa ribaltare la logica del mondo e lo fa nel silenzio, e diventa roccia per molti, sorgente zampillante di vita eterna.

3 la fede è sorella della Speranza e della Carità

La carità è l’esito della fede, talvolta è anche il principio. Comunque sia la storia di ognuno, l’una non può stare senza l’altra. Chi ha fede cammina nella luce e sparge luce attorno a sé. La fede ti modella a immagine di questo Dio che è solo Amore e che tu vuoi ostinarti a rendere presente, con la tua povera immagine come un riflesso, in mezzo a tutti quelli che qui e ora hanno bisogno di sentire il suo abbraccio di Padre.

E infine vorrei concludere con qualche appunto a margine per resistere nella fede
-          Non avere paura degli alti e dei bassi! Il cammino della fede è sempre sinusoidale. Chi ti dà ali d’aquila a volte ti conduce nel deserto per metterti alla prova. Ciò che conta, alla fine, è se hai tenuto la tua mano nella sua di Buon Pastore.
-          Alimenta la tua fede ma nel modo giusto. La preghiera e i suoi appigli: i sacramenti, la Parola, l’adorazione e i giorni di ritiro.
-          Chiediti spesso se hai imparato ad amare di più: il termometro della fede è la Carità
-          Da solo non ce la farai! La Chiesa custodisce la tua fede e la sorregge quando vacilli. Questo mistero è grande, più della storia della comunità sempre segnata da luci e ombre.