sabato 30 marzo 2013

Pasqua

Mistero della Pasqua
In questi giorni ho fatto compagnia a un Naufrago e ad un Fallito. La sua Verità è stata rifiutata e lui, scomodo a troppi, è stato cacciato fuori, è stato ucciso. E questo nel silenzio di chi aveva camminato con lui e anche sotto ad un cielo inspiegabilmente chiuso, buio come la notte, pesante come il vuoto. Eppure non aveva perso la sua libertà. Il naufragio e il fallimento sono stati una scelta perché c’è una logica che è una costante in tutta la trama della storia della salvezza: quando Dio si rivela sempre sceglie la parola della debolezza e della piccolezza. E questo per sconvolgere i nostri parametri intrisi di potere, avere e apparire, o forse soprattutto, per ritrarsi e fare spazio alla libertà della sua creatura per stringere alleanza. La croce è solo la controfaccia della Risurrezione, l’uno perde senso senza l’altra.

Il buio e la luce
E nel suo naufragio e nel suo sprofondare ho ritrovato la mia umanità, senza maschere, la mia verità di uomo impastata di ferite, ombre, continue inversioni per sottrarmi alle mie responsabilità. Ho ritrovato la mia solitudine, uno ad uno i miei fallimenti . Ma lui mi ha insegnato a rileggermi in una nuova luce: le mie ferite possono diventare feritoie di luce se solo mi lascio amare fin a quel punto. I miei fallimenti, se vissuti per amore, come lui, sono il buon seme che muore per dare frutto. Nelle sue piaghe ho anche intravisto il mondo dei crocifissi: uno ad uno, come fantasmi, sono apparsi alla mia mente. Erano i ragazzi delle nostre strade che pagano la cifra dell’inettitudine degli adulti con la moneta della solitudine; sono i bambini rom che con qualche adolescente andiamo a trovare da qualche tempo e che partono con la tara di essere degli esclusi dal mondo di noi gente perbene; sono gli orfani di Sarajevo, vittime di seconda generazione della violenza cieca dell’uomo; sono i piccoli carcerati a cui il papa ha lavato i piedi; sono tante donne e tanti uomini per cui il venerdì santo non è mai tramontato. Eppure un raggio di luce nuova oltrepassa lo spessore delle nuvole e ci dice che fra tutti questi feriti c’è anche lui, il Guaritore ferito, che lui ha voluto prendere dimora fra loro e che il mondo, se vuole farsi nuovo, deve necessariamente ripartire dagli ultimi ma non per renderli oggetto della nostra assistenza ma soggetto attivo della nostra rivoluzione.
Le tenebre sono scomparse, messe in fuga dall’eterno Signore della luce!

La Parola nuova
Quest’oggi arriva l’eco di una Parola nuova. Abbiamo visto il Risorto. Una Parola solo in apparenza fragile, senza la scorta così necessaria per i razionalismi dell’uomo, eppure così densa di verità che ha varcato la corsa dei secoli. Non poteva non essere così. Perché quella comunità era prostrata dai suoi tradimenti e dallo scandalo della croce, aveva già deciso dimettere un punto definitivo su Gesù di Nazareth, pesante come la pietra tombale del sepolcro. Ma a poco a poco si è impadronita di loro la certezza che la storia di Gesù era una storia d’amore e che Dio non poteva metterla a tacere. Poco a poco hanno saputo rileggere il disegno dell’incontro con il loro Maestro e hanno saputo trasformare la linea spezzata in una parabola che tocca il fondo ma per riprendere lo slancio dell’altezza. Poco a poco hanno compreso che il seme deve morire per dare frutto e che l’ora della storia che avevano avuto in sorte di abitare era quella dell’evento cruciale di tutta la storia della salvezza. Poco a poco hanno ripercorso le parole del loro maestro e i loro occhi si sono aperti su di lui che di nuovo aveva ripreso a camminare con loro. E hanno creduto. E per lui anche loro hanno avuto la capacità di dare la vita. questa è Parola nuova, sottile, fragile  ma che fa da parametro di discernimento per restituirci speranza e per trasformarci da cinici disincantati in poeti che profumano di primavera.
Nella rapida corsa di un’unica notte si avverano annunci profetici di vari millenni.

La fontana zampillante
Abbiamo trovato così la via per la sorgente. È appena dietro il viottolo dei nostri limiti. È il Risorto. Acqua che disseta, acqua che ridona vita, acqua con cui riempire il nostro catino per lavarci i piedi gli uni gli altri: fra noi, perché il marchio di fabbrica della comunità cristiana deve essere il servizio, l’accoglienza, il perdono; acqua per lavare i piedi a tutti i poveri del mondo perché solo la logica del servizio incarna l’annuncio della risurrezione.
L’acqua ci fa nascere a vita nuova.

Il Pane presenza del Risorto
Siediti a tavola adesso. Se vuoi incontrare il Risorto non tirarti indietro. Lo ha promesso lui: fate questo in memoria di me. Lo incontri ancora adesso fragile e buono come il Pane, spezzato in segno di totale arrendevolezza perché lo possa accogliere senza paura; principio di comunione con lui e fra noi. Ma fate questo in memoria di me significa che la trama della sua storia ora può diventare la tua. E anche tu puoi dire il Risorto facendo della tua vita un dono.

Infine perché tutto il Mistero si compia il popolo dei credenti si nutre di Cristo!    

domenica 24 marzo 2013

Domenica delle Palme

l’ingresso: non una meta ma una tappa di passaggio.
Mi hanno sempre colpito del racconto che abbiamo appena ascoltato gli elementi di assoluta provvisorietà , quasi di precarietà. E così di tutta questa domenica che cade a sei giorni dalla Pasqua. Le voci di osanna che si trasformeranno in urla feroci e violente; un trionfo che diventerà solitudine e morte, fra le più infamanti. L’ingresso a Gerusalemme non è una meta ma una tappa di passaggio che però Gesù vuole vivere.
È la conquista di un cammino che segnato dalla debolezza e dalla piccolezza, scelta accurata perché sa che Dio parla attraverso il linguaggio del fallimento e del nascondimento. Ecco perché decide di incarnare la pagina di Zaccaria e cavalca un asinello. Non asseconda mai, nemmeno per un attimo, la logica del potere e dell’apparenza. Forse chi gli è accanto, e aspetta da un attimo all’altro la rivoluzione e il riscatto violento dall’oppressione e dal male, rimane spiazzato, abituato a vedere ben altri cortei trionfali sfilare alle porte di Gerusalemme soprattutto nei giorni di Pasqua.   
Entra nella città. Non si tira indietro, non si ritira dalla mischia, decide di stare dove l’uomo vive,  lo salva dove viene cucita la trama della sua vita.
Entrare significa attraversare ma non tanto da un punto al suo estremo quanto piuttosto dall’alto al basso, scendere nella sua profondità. A Gerusalemme Gesù scorge storie di santità ordinaria, sfiora con la sua presenza quella di uomini e donne che cercano di vivere la Parola, piccoli che non hanno tradito l’Alleanza, vite spesso ordinarie, racconti che non fanno cronaca ma che spandono il buon profumo del Vangelo, fedeli alla vocazione degli inizi, capaci di incarnare le attese e le sofferenze di un popolo intero.
Gesù però incontra anche nodi di peccato, umanità ferita e chiusa su se stessa, ombre in cui ci si è ggomitolati, memorie ferite, tensioni da stemperare e da riconciliare, comunque figli da incontrare e sui cui poggiare la mano della tenerezza del Padre.
E infine Gesù attraversa scenari di ipocrisia, passa anche in mezzo a chi dice di essere depositario del sapere, interprete del volere di Dio, custode della Parola e della Legge ma che non si interroga più, ha sclerotizzato la sua fede, non la trasforma in carità, nel suo cuore si è affievolita la domanda. orse erano lì su quella strada, anche loro pronti ad acclamare presi dall’entusiasmo per poi giudicare oppure spiavano dalle loro postazioni ben arroccate per non prendere parte fino in fondo, abituati sempre  a non mettersi mai in gioco. Entrare nella città però è stato per Gesù anche l’obbligo di essere coerente alla sua vocazione di scendere in mezzo alla sua gente, di essere proprio come loro, mai al di sopra, di assecondare l’esigenza di farsi parte di un popolo, di profumare di popolo, di ascoltare un grido e di essere lì, incarnato, di esserci all’indicativo presente!
A Gerusalemme Gesù lancia la sfida al potere, non teme di andargli incontro, non ha paura di gettare luce nell’incoerenza e nella distorsione politica e religiosa del suo tempo. Sa che quell’ingresso è una sfida a chi già gli aveva lanciato l’intimidazione e voleva che cambiasse rotta, direzione, che rientrasse nei ranghi del sistema, che smettesse di incarnare un annuncio rivoluzionario di amore a Dio e al povero. Così scriveva mons. Romero “Uno non deve mai amarsi al punto da evitare ogni possibile rischio di morte che la storia gli pone davanti. Chi cerca in tutti i modi di evitare un simile pericolo, ha già perso la propria vita”.
E infine nella città rimane protagonista nel cappio dei tradimenti: dà la sua vita per amore, scardina la violenza con il linguaggio del servizio e del perdono.
1 Uomini vanno a Dio nella loro tribolazione, piangono per aiuto, chiedono felicità e pane, salvezza dalla malattia, dalla colpa, dalla morte. Così fan tutti, tutti, cristiani e pagani.
2 Uomini vanno a Dio nella sua tribolazione, lo trovano povero, oltraggiato, senza tetto né pane, lo vedono consunto da peccati, debolezza e morte. I cristiani stanno vicino a Dio nella sua sofferenza.
3 Dio va a tutti gli uomini nella loro tribolazione, sazia il corpo e l’anima del suo pane, muore in croce per cristiani e pagani e a questi e a quelli perdona.

La liturgia durante la settimana autentica gioca su un doppio livello di prospettiva.
Quella storica e quella sintetica di chi sa che il Signore è già risorto e che la sua croce è strumento di riconciliazione e punto di inizio di un modo nuovo di intendere Dio e l’umanità.
Sentiamo che Gesù sta bussando alla porta della nostra città e desidera attraversarla.
Non teme i confini, li valica e si posiziona dove anche l’uomo di oggi soffre e la sua dignità viene calpestata
Non teme i nostri confini, valica anche le zone d’ombra del nostro cuore e lo fa gettando una luce di verità ma perché possiamo scegliere di dargli la mano.
Ti dice che anche tu sei chiamato a incarnarti come ha fatto lui, chiamato ad attraversare la città con il suo stesso stile. Ma al solo prezzo di farti spettatore della sua Pasqua.

domenica 10 marzo 2013

quarta di quaresima

Siamo oltre la metà di questa traversata nel deserto che è la Quaresima. Il deserto, per la Parola, non è solo luogo di difficoltà e di stenti: è spazio in cui Dio rivela il suo volto, è il luogo del fidanzamento, dei grandi sogni, forse delle illusioni, comunque luogo di promesse che riempiono di senso i tuoi giorni.
La proposta della Parola che ha segnato le tappe di questo cammino nasceva, nella Chiesa antica, come un itinerario di illuminazione soprattutto per chi avrebbe dovuto ricevere il Battesimo nella notte di Pasqua.
Per noi che abbiamo già ricevuto la fede questo cammino è un appello profondo perché non smarriamo la nostra vocazione ad essere figli. Sappiamo infatti quanto la vita è complessa e quanti nodi possono stringere la nostra libertà e rattrappirla come le ali quando si spezzano. Sappiamo che spesso ci troviamo al bivio di scelte che possono compromettere i sogni e svenderli. Sappiamo che è sempre in agguato il rischio che si affievolisca la passione per la Verità e che si sclerotizzi la voglia di essere autentici. Quaresima è dunque conversione ma che, più per sforzo moralistico,  nasce dalla nostalgia profonda, dalla voglia di tornare a bere con le mani non più a cisterne che sporcano l’acqua ma direttamente alla sorgente. I no che trovi il coraggio di dirti in questo tempo sono tutti in vista di un sì, sono la premessa per una vita diversa, più bella.  
Per questo mi piace considerare questi Vangeli come appuntamenti in cui la Parola ti mette con le spalle al muro e getta su di te la luce che ti permette di vedere con chiarezza in quali passaggi la tua libertà si è imbrigliata, a quali ceppi il tuo piede è rimasto legato. Oggi le parole di questo racconto di guarigione vogliono liberare il tuo sguardo, renderti la prospettiva giusta in cui metterti per comprendere chi è Dio, che sei tu e chi è il fratello che ti è dato come compagno di viaggio.

Il cieco nato, o meglio, l’uomo che fu cieco.
Il racconto di Giovanni è davvero una stanza piena di perle preziose ; si resta quasi abbagliati dalla loro bellezza e si prova una certa difficoltà nel doverne scegliere solo alcune piuttosto che lasciarne altre. Ma questa Parola può farci compagnia per tutta la settimana e affido ciascuno alla sua forza.

Il suo itinerario spirituale è rintracciabile attorno ai titoli che attribuisce a Gesù: per lui è anzitutto un uomo, ma poi, comprende che in lui abita un mistero più profondo: forse è un profeta anzi, è addirittura il Figlio di Dio davanti al quale si prostra in un atto che ricorda Mosè di fronte al roveto ardente, è il Dio con noi sicuramente il Dio per lui, la carezza che lo tocca, la mano che si stringe alla sua e non lo lascia più.

Il suo itinerario può essere anche il nostro.
Chi è per te Gesù? Le lenti con cui leggi il suo Mistero gli rendono verità oppure la distorcono? È evidente che Gesù per noi è Figlio di Dio, forse troppo evidente a rischio di diventare scontato e non bruciarti più addosso. C’è un’abitudine che ci fa perdere il senso dello scandalo nel dire che Gesù è Dio. Dobbiamo recuperare la certezza che lui non sia solo un’idea ma è stato accadimento nella storia, che i suoi passi hanno davvero calcato il proscenio di questo mondo. E la sua Parola, come quella di un profeta, sa dare un senso al nostro cammino, tocca il nostro oggi. Gesù è Dio per te, ha a che fare con la tua vita, ha una direzione di novità che colora i tuoi giorni. È anche accadimento nella tua storia, vocazione ad una vita diversa, è un tu con cui relazionarti e da cui lasciarti incontrare.

Il cieco, per questa nuova fede, viene cacciato fuori, viene allontanato perché ha osato infrangere le convinzioni di chi pretendeva di sapere, perché viene avvertito come pericoloso e sovversivo.

Se lasci dilagare in te la luce del Vangelo preparati a pagare le conseguenze. Cambierà il modo con cui guardi te stesso e quindi il mondo. Tu non sei più semplicemente un individuo ma sei, con tutta la tua umanità, persona, porti in te, come marchio indelebile, il bisogno di una relazione con un altro che non può essere più un estraneo ma che ti è fratello: dalla sua felicità dipende anche la tua! E il bisogno di una relazione con l’Altro, un Dio che per te diventa Padre e smette i panni del Giudice severo e distaccato. E questo è pericoloso per chi vorrebbe confinare Dio in un oltre che non tocca la storia; per chi vede l’altro come un nemico o un concorrente alla tua realizzazione.

Fuori con Gesù il cieco nato probabilmente incontra la comunità di tutti i piccoli e i semplici che, come lui, sono la compagnia di Gesù.

Se anche tu hai il coraggio di uscire dal sistema delle convenzioni inizierai a guardare la Storia con lo sguardo degli ultimi sapendo che la debolezza è la forza di Dio e che devi mettere mano ad una rivoluzione che attende il tuo sì per ridare alla storia le coordinate della Storia della salvezza.

domenica 3 marzo 2013

terza di quaresima

Ogni volta che si legge questo passaggio di Giovanni mi colpisce sempre, all’inizio, la specificazione di questo gruppo con cui Gesù imbastisce il serratissimo dialogo che poi segue: questi uomini erano Giudei che avevano creduto in lui. Un’indicazione che non vedo solo come una precisazione che contestualizza il brano ma come un avvertimento per tutti quelli che si mettono alla sequela di Gesù…come quando nelle scatole dei medicinali, sul foglietto allegato, leggi le controindicazioni: poni attenzione perché la scelta di stare con Gesù e di seguirlo, di ascoltare la sua Parola o di partecipare alla vita della comunità, non ti pone al riparo da ipocrisie o non ti salva istintivamente: la fede ti deve condurre di conversione in conversione verso una meta di comunione, verso un orizzonte in cui fai della sua vita la tua vita, in cui ti lasci attrarre dall’Amore per essere anche tu amore!

Questi Giudei erano partiti da una presumibile situazione di prossimità a Gesù, si erano lasciati avvincere dal Vangelo, avevano iniziato a riporre le loro speranze in questo profeta di Nazareth, avevano investito la loro intelligenza e il loro affetto per fare spazio al nuovo che si imponeva. Eppure qualcosa a un certo punto si è inceppato. Prima di tradire probabilmente si saranno sentiti traditi da una Parola che si faceva di volta in volta più esigente. Forse per un motivo di fede: credere in Gesù come Figlio di Dio è altamente pericoloso perché significa immaginare che il cielo si sia squarciato e che quel confine invalicabile che separa il sacro dal profano sia stato valicato dal piede di un Dio che si fa prossimo rubando lo spazio di autonomia all’uomo; forse perché si sentono spiazzati da un atteggiamento che sta andando oltre le loro attese. Si aspettavano una rivoluzione in armi che sovvertisse il potere economico e politico ma questa non solo stenta ad arrivare ma si allontana sempre di più: Gesù ha già detto più volte di preferire ai segni del potere il potere dei segni e di volersi schierare con i piccoli ma non stando sopra di loro o al massimo dichiarando di essere per loro, ma unicamente facendosi come loro! Oppure forse tradiscono per un motivo sociale: sentono che Gesù, con il suo fare, si sta ponendo fuori dal sistema religioso, un sistema in cui tutto è ben definito, in cui ognuno ha un ruolo, in cui una Legge norma ciò che è giusto ma soprattutto vieta ciò che è sbagliato, un sistema in cui non devi inventarti di amare e fare quello che vuoi, un sistema che ultimamente ti dà sicurezza. In loro avverto la paura e sicuramente il Vangelo non era riuscito a fare breccia nella profondità del loro cuore.

E il brano prosegue con un rapidissimo distaccarsi delle due posizioni. È Gesù ad esigerlo. Lui si pone di fronte a loro: esaspera i contorni, mette in evidenza i punti deboli, chiede loro di smascherare le loro ipocrisie e le loro incoerenze come unico presupposto per fare spazio alla Verità e iniziare un cammino autentico, per questo spinge con le spalle al muro, esige una presa di posizione, non ha paura di restare solo. Lui non perde mai la calma al contrario di loro che invece, alla fine, in modo drammatico, segnano l’ultima e inesorabile distanza afferrando delle pietre per lapidarlo. Emerge la loro incoerenza e questo scatena la loro rabbia che si fa violenza.

Questo brano oggi ci obbliga a fare una sosta di riflessione sul nostro agire; possiamo dire che se vuoi fare Pasqua devi purificare la tua azione. L’azione, anche se non esaurisce in sè la tua verità, racconta chi sei e cosa si muove nel tuo cuore. Possiamo nascondere le nostre ipocrisie, possiamo mettere la maschera per darci l’aria di aver fatto nostro un certo stile e per sentirci al sicuro, possiamo nascondere fino ad un certo punto la nostra fragilità ma, presto o tardi, cosa si muove nel tuo cuore emerge.

Quali passi muovere se anche noi ci rendiamo conto che abbiamo bisogno di liberarci dalle maschere e ci sentiamo scoperti nella nostra incoerenza.

Stai nella Parola, fatti mettere da Gesù con le spalle al muro: il dolore è solo necessario perché possa essere innestato qualcosa di nuovo. Ritrova la tua identità di figlio amato che non avevi mai perduto, e poi, di conseguenza, sommerso dalla Grazia, emergi come persona di fede, spendi i tuoi giorni per una certezza che altri non vedono ma che muove i tuoi passi verso un orizzonte diverso della vita. emergi come persona di speranza, osa sogni che profumano di futuro e, infine, diventa uomo di carità, progetta la tua vita sapendo che la tua felicità non può mai essere senza quella di un altro, sapendo che hai la vocazione di rendere questo mondo più bello di come l’hai trovato, cosa che nessuno potrà mai compiere al tuo posto.