Dopo esserci fermati in questo cammino di Avvento su due tappe in cui abbiamo risaldato la convinzione che il Signore verrà nella sua gloria e che la nostra storia cammina verso un orizzonte promettente; dopo che la Parola ci ha chiesto di vivere come figli del Regno nell’attesa della sua venuta, ora, con il tema delle profezie adempiute, dobbiamo esplicitare che in Gesù si è dato il compimento della storia della Salvezza, che in lui tutto il desiderio di felicità e di pienezza dell’uomo ha trovato risposta.
Non so voi ma vivo questa tappa con un certo imbarazzo e con il timore di essere retorico.
Noi e le nostre promesse di felicità inadempiute.
A volte ci ritroviamo a stringere fra le mani, se pensiamo ai progetti della nostra vita, un pugno di sabbia che scivola via lentamente o poco più. Ci sembra che i momenti belli siano passati da molto e ormai è il tempo di tirare qualche bilancio, spesso tragicamente in rosso. La felicità è qualcosa che assaporiamo difficilmente e sfugge via come il vento. Ci sembra che le cose urgenti, sempre troppe e troppo oberanti, ci facciano perdere di vista quelle necessarie e che alla fine non siamo noi i veri protagonisti dei nostri giorni. La fede, è vero, ci sostiene ma è un appiglio che non ci fa palpitare come un tempo, forse è una riserva per sperare che domani sia migliore. In noi non riusciamo insomma a vedere nulla di definito e tanto meno una profezia di felicità compiuta.
Se lo sguardo si allarga alla storia e al tempo presente, ai poveri, agli ultimi, a chi rantola nella miseria e nella povertà, troppo spesso causate dall’egoismo di pochi ricchi e potenti, si rischia di perdersi nel buio. Ma anche passando sulle nostre strade, scorgendo le case del nostro quartiere, se riusciamo a guardare poco più in là del nostro cammino, ci assale la paura, la tentazione di giudicare tutto come un equilibrio molto precario sopra la follia, o, in certi angoli dove alcuni nostri giovani buttano via la loro vita nel baratro del non-senso, ci si chiede dov’è il Signore e la sua mano.
Ringrazio però il Signore perché oggi ci fa compagnia Giovanni e la sua notte del cuore e della fede
Una vita spesa per annunciare cosa e chi guardando alla sopraffazione dei potenti e alla sua stessa vita costretta in carcere? La notte del cuore è il buio di non sentire più nulla, di non vedere Dio dalla tua parte, è la sensazione di essere entrati nel deserto e di aver smarrito per sempre le ali della Grazia spirituale. L’invio dei suoi a Gesù forse potremmo leggerlo come un grido a ridosso della disperazione per avere un abbozzo di risposta da cui ricucire un senso. Gesù chiede a Giovanni di affinare lo sguardo, di tendersi oltre il proprio dolore, di scendere nella profondità di ciò che appare e riconsiderare tutto alla luce della fede in lui, il Messia che non è venuto a spezzare e a recidere, a bruciare e a spazzare via il male e chi lo compie, ma il Dio-con-noi che ama stare fra gli ultimi come ultimo, povero fra i poveri in una logica di totale solidarietà per riempire dal di dentro di speranza chi è nell’abisso della disperazione. Chissà se Giovanni sarà riuscito a ricostruire un senso. Noi sappiamo che il suo destino di precursore si è compiuto anche nel martirio e che la sua vita non è stata spesa invano. Proprio con la sua carica profetica, con le sue notti del cuore, con la sua morte, Gesù elogia Giovanni e lo dice più grande fra i nati di figli di donna. Ora raccogliamo il suo testimone perché siamo inviatati anche noi ad andare oltre le nostre notti del cuore. In fondo è solo questione di sguardi!
Dobbiamo affinare lo sguardo, Signore, per vederti all’opera e scoprire che oltre le apparenze, tu ci sei, c’è una storia che non appare e che non fa clamore, la tua storia con noi.
Dobbiamo lasciare che le profezie si avverino in noi, dobbiamo accogliere la notizia buona che Dio Padre è per noi, che siamo racchiusi e custoditi da sempre nel suo abbraccio, che non ci manca nulla che Dio non ci abbia dato e che anche le nostre sofferenze sono parte di un disegno di salvezza se vissute come una Passione, una croce per amare; che dietro alle nostre delusioni c’è sempre un oltre che è la Speranza; che Dio solo porta a compimento i nostri abbozzi di vita e la felicità sta anche nella convinzione che qualcun altro potrà raccogliere il nostro testimone.
E se è così anche noi siamo invitati ad essere profeti per questo nostro tempo e a sovvertire per dare slancio alla nostra storia i meccanismi che distruggono l’uomo e la sua dignità.
Saremo per qualcun altro segno di profezia adempiuta.