Il Verbo si è fatto carne e ha posto la sua tenda fra noi.
Verbo e carne: un ossimoro
sconcertante. Una bestemmia per i cultori del sacro. Una sciocchezza per chi
ama il potere e appoggia su Dio la sua autorità. Un paradosso a cui è difficile
abituarsi. Il Verbo è Dio e noi Dio lo immaginiamo sempre e comunque oltre la
nostra vita con i suoi disegni spesso contrapposti ai nostri, con la sua logica
incomprensibile, con una durezza da piegare alle nostre esigenze, con un’onnipotenza
che invochiamo per uscire dalle nostre strettoie, con un passo che ci fa
nascondere quando la sua eco si avvicina, con un giudizio che ci fa tremare di
paura.La carne invece è debolezza, è pochezza, povertà, limite, finitezza, orizzonte chiuso costretto alle logiche dello spazio e del tempo. Noi siamo carne: passioni e pulsioni miste a razionalità; corpo che cresce, si esprime, ama e odia e infine muore; dipendenza assoluta dagli altri e dallo spazio e dal tempo.
Il Verbo si è fatto carne e ha posto la sua tenda fra noi.
Da allora, del limite della
carne, Dio sa tutto, guadagno faticoso di un’esperienza non sempre lineare.
Gesù sa cosa significa piangere, gioire, offrire e ricevere tenerezza, soffrire
per amore, conosce persino la seduzione della tentazione che ti porta su
scorciatoie che poi non arrivano mai alla meta. Gesù dà valore alla carne anche
di chi decide di incontrare il suo destino e sempre si mette in gioco per darle
valore. E infine Gesù si scontra con la morte, ci mette le mani dentro, e dal
di dentro le dona un significato nuovo, uno strumento di salvezza per l’altro.
C’è chi ha visto e ha girato
altrove lo sguardo. C’è chi ha preferito chiudersi nell’indifferenza per non
farsi toccare, per non ribaltare l’unità della misura di Dio e della propria
vita. L’indifferenza infatti non turba la coscienza, non spinge a cercare
oltre, non mette in discussione nulla, lascia ogni cosa a suo posto nella pace
di chi si abitua a tutto.
Ma c’è chi ha visto e ha
iniziato a credere e si è accorto che tutto poteva cambiare perché ha letto
nella grammatica della carne di Gesù u n volto nuovo di Dio, cioè l’Amore che si
è fatto prossimità, comunione, condivisione e una possibilità nuova anche per
la sua vita: accogliere la luce di un Dio a te prossimo, fa anche di te un figlio amato. Condizione nuova,
da vertigine, squilibrata e per questo solo per gli audaci. Si tratta di
convertire anche lo sguardo su di noi.
Perché chi si scopre figlio
non può mettere a tacere quella nostalgia che ti fa alzare spesso lo sguardo
verso il cielo e ti fa guardare con irriverente ironia ogni cosa che passa
sotto il cielo abbandonando per sempre ciò che noi amiamo esasperare: denaro,
potere e apparire.
Perché chi si scopre figlio
non può più amare perdersi nella sua debolezza e renderla una giustificazione
per opporre resistenza a un Dio rivoluzionario: Dio ama la tua fragilità e la
rende strumento per la sua potenza.Chi si scopre figlio si sente schiodato dai suoi peccati e chiamato, nel perdono, ad essere proiettato nel futuro.
Chi si scopre figlio rivendica per sé la forza che lo ha generato e si fa profeta per l’oggi, voce scomoda per i potenti e per chi vive di omissioni, consolazione infinita per tutti gli ultimi di questo mondo dalla cui parte è sempre preferibile stare.
Chi si scopre figlio legge dentro di sé tutta la possibilità del suo marchio di fabbrica e scopre che la vita ha valore solo se ti fai prossimo di chiunque incontri senza guardare alla sua appartenenza o ai suoi meriti, felice solo di chinarti su di lui per lavare i suoi piedi. Per dirla con Alda Merini Gesù è stato una grande catastrofe, ci ha avvicinati tutti l’uno all’altro. Dopo Gesù qualcuno ha imparato a guardarsi negli occhi, a porsi delle domande, a vedere che l’altro non era solo merce.
Chi si scopre figlio si sa cittadino del mondo, lotta per la pace e sa che questo mondo può essere un’isola che non c’è dove le armi vengono forgiate in strumenti perché nessun uomo muoia di fame e nessuno sia più soffocato nell’ingiustizia.
Perché sei qui fratello? Che cosa
sei venuto a vedere, chi sei venuto a cercare? La notizia del Verbo fatto carne
ci strappi all’indifferenza, al dovere di compiere un rito, alla routinarietà
della nostra religione e ci consegni una vita diversa, meno comoda, decisamente
però più autentica.