Mi chiedi come fai a trovare queste lenti per vederlo all’opera…me lo chiedi perché i tuoi occhi si sono fatti miopi e ti sembra di dimorare in un tempo in cui prevale la disperazione, l’amarezza, la paura, il disincanto che ti ha fatto scordare le illusioni e non ti permette di scommettere più su nulla… La Parola di oggi è il sestante che ti permette di individuare la presenza dello Spirito, è come una grammatica per darti le coordinate del suo agire. E allora ti accorgerai che, ieri come oggi, lo Spirito è fuoco che scioglie il gelo del cuore e fonde ogni durezza; è vento che spinge la vela della tua vita; è colomba e sotto le sue ali trovi riparo; è sorgente freschissima che disseta la tua traversata nel deserto della vita.
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Spirito è
la Speranza che irrompe proprio quando il gioco sembra essere arrivato alla
fine. Spirito è sorpresa, Spirito è capacità di rompere separazioni e
costruisce ponti.
Questo me lo suggerisce la
lettura di Atti. Erano chiusi in quel cenacolo, rattrappiti in paure e forse
nella paura più grande, quella di aver buttato via la vita dietro ad un inganno.
Al tramonto di un giorno che solo in apparenza era uno da aggiungere allo
scorrere ineluttabile del tempo, in una stanza chiusa, lo Spirito sobbalza le
loro coscienze. Al tornello della loro disperazione, Dio si dà nuovamente
appuntamento con loro, proprio in un luogo e in un tempo che non immaginavano. Perché è proprio di Dio scrivere una riga
in più quando noi mettiamo un punto definitivo su alcuni capitoli della nostra
esistenza. E da quella stanza escono con un coraggio rinnovato. Parlano anche
altre lingue. Ogni uomo deve sentire la Speranza che è rifiorita. Il muro che
li separava dal mondo ora si fa ponte che li pone in comunicazione con tutti. Quando senti che è finita, quando pensi di aver svenduto anche l’ultimo fiammifero che ti poteva scaldare è allora che lo Spirito entra nella stanza della tua disperazione e ti mette le ali. Quando hai voglia di barricarti dietro alle tue convinzioni e pensi che non ci sia più nulla o nessuno di buono per cui giocarti allora lo Spirito ti impone di andare oltre le tue stesse forze e trama con te una storia nuova di comunione.
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una
Chiesa secondo lo Spirito è la casa dove la diversità è segno di bellezza.
È Paolo nella sua lettera ai
Corinti a dirlo. Una volta che nella
comunità si dà la comunione nella fede e ogni tuo fratello riconosce in Gesù il
Signore, non devi avere più paura della diversità del tuo fratello: le
differenze diventano varietà dei carismi e dei doni. E a te non è tolto nulla ma
la ricchezza dell’altro, partecipata a te, rende anche te più ricco. La comunità è come i colori dell’arcobaleno:
è lo steso raggio di luce che si fraziona in essi. La comunità è come una cordata: si è tutti in salita verso una meta
unica ma ognuno ha il suo ruolo e non è vero che guida è più importante di chi
sta nel mezzo o di chi deve chiudere. Quando nella comunità prevale l’omologazione
che ti impone la maschera, quando in nome dell’unità si svilisce la diversità,
quando non si sa più valorizzare il carisma anche del più piccolo dei fratelli,
quando, per gelosia, si corregge con tono moralistico chi ti cammina accanto
solo perché non comprendi il suo dono, allora impoveriamo la Chiesa e le
imponiamo un respiro decisamente corto e affannato.
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Lo Spirito
rende presente in noi il Padre e il Figlio, lo Spirito lotta per noi, in noi e,
talvolta, contro di noi per difendere la nostra chiamata ad essere come Gesù in
tutto.
Questo brano di Giovanni,
contestualizzato nel Cenacolo, durante l’Ultima Cena, racconta di cosa Gesù ci
lascia ritornando al Padre: il comandamento dell’Amore. Amare l’altro e amare l’Altro
sono il segno di chi ha conosciuto lui. Ma Gesù ci lascia anche chi ci prende
per mano e ci guida su questo cammino tutt’altro che semplice: lo Spirito
appunto. Quando nella tua vita senti una forza che ti spinge a fare come Gesù,
a non consumare cioè nella banalità i tuoi giorni, una voce che ti suggerisce
di fare tutto in sua memoria, quando senti lavorare in te l’Amore e senti la
forza di resistere allora lo riconosci: è lo Spirito appunto. E allora ti
accorgi che non sei tu a remare ma tu sei vela su cui soffia lo Spirito e
così le cose più belle non le hai guadagnate con i tuoi sforzi ma sono doni che
ti vengono messi proprio da lui fra le mani. E qui il pensiero va a chi ogni
giorno incontro sulla mia strada, uomini e donne che sono veri e propri capolavori
dello Spirito; ogni volta che canto che i
cieli e la terra sono pieni della tua Gloria mi appaiono i loro volti: sono
quelli che amano facendosi dono anche quando l’altro non lo merita, sono storie
di madri e padri, storie di figli; sono i malati che fanno della loro sofferenza
strumento di salvezza per qualcuno proprio come Cristo in croce; sono quegli
educatori che si accorgono che dalla debolezza può nascere qualcosa di grande e
partono dai più piccoli per ridisegnare il futuro del mondo.