Se dunque questa è la cornice
in cui si inserisce la liturgia di oggi, vorrei ora, volare sopra le letture
ascoltate raccogliendo qualche perla preziosa che ci viene consegnata per
metterla nella nostra bisaccia di poveri pellegrini per trovare un pizzico di
ristoro e riprendere il coraggio di affrontare il nostro quotidiano a tratti così pesante e a ritmo sempre più
frenetico sapendo di non essere mai soli.
La prima lettura. Mi colpiscono
due passaggi. La predicazione di Pietro. Pietro rilegge la Scrittura e in essa
trova le tracce della notizia della risurrezione. Si convince che l’amico
incontrato un giorno mentre stava gettando le reti e lo ha chiamato a seguirlo
è il Figlio, il Messia che la morte non poteva tenere prigioniero. È la pietra scartata dai costruttori che è
diventata pietra angolare. Anche nella sua lettera questa immagine ritorna,
forse per lui aveva una forza evocativa grandissima, forse per lui, Pietra
della comunità dei credenti, sapere di poter poggiare su una Roccia più solida
era di grande consolazione. Il mondo non ha riconosciuto Gesù lo ha scartato; è
abituato a fare così: se non appari, se non possiedi, se non hai un potere che
schiaccia non sei nessuno, se non ti allinei a questa logica sei messo da
parte. Ma Dio sa far diventare pietra di base ciò che noi scartiamo, Dio fa la
rivoluzione con i poveri, Dio sa far tremare sotto i loro passi la Storia, Dio
sa rendere polvere di stelle ciò che
è debole e di poco conto. Dai giorni della risurrezione in avanti è così. E la
seconda cosa che mi colpisce è che Pietro, in questa notizia, trova la forza di
schierarsi con ciò che è debole fino a farsi lui stesso pietra di scarto e in questa
linea predicare il Vangelo e la sua novità. Dio non ha mai smesso di fare così.
Lui è riscatto per noi quando siamo pietre scartate, per noi quando ci sentiamo
piccola cosa, e per tutti i poveri che ci stringono attorno, per tutti quelli
che sulla terra, nell’agenda dei potenti, non conteranno mai un granché. Il
Risorto è il fondamento di una storia nuova, invertita di senso, di un Regno
che fa degli ultimi i primi. Sarebbe bello se la Chiesa ne fosse sempre più uno
spaccato rappresentativo. Sarebbe bello se la nostra bocca si aprisse per
rendere notizia tutto questo che davvero ha la forza di cambiare l’ordine delle
cose.
Della lettera di Paolo invece
mi colpisce quella convinzione che noi siamo gente risorta con Cristo, la
certezza che può esserci un modo altro di abitare la nostra vita, un paradigma
diverso per dare senso alle nostre relazioni e alle nostre scelte e anche per
rileggere ciò che siamo. Sapere che Gesù non è prigioniero della morte, che c’è
stato un giorno in cui uno per amore ha dato la vita e perché si è spezzato per
il bene di qualcuno, perché non ha trattenuto nulla ma si è lasciato andare
come un seme nella terra, Dio ha fatto Giustizia, si è fatto vedere in lui, gli
ha ridato vita è come indossare un paio di lenti nuove e giudicare tutto in
modo diverso! Allora anche le nostre scelte d’amore sempre paradossali e sempre
in perdita acquistano valore.
E infine del brano di Vangelo
mi rapisce sempre l’ostinata convinzione di Tommaso di non credere che lo aveva
portato lontano dal Cenacolo, che lo aveva condotto a decidere di troncare la
sua vicenda con quella comunità. E proprio lui, nell’abisso della sua notte,
viene raccolto dalla mano di Gesù. Una mano che non lo giudica, non lo mette
con le spalle al muro inchiodandolo alla sua pochezza, ma che lo aiuta a
superare la sua incredulità. È di una tenerezza incredibile quel gesto di far
toccare le sue piaghe ora splendenti di luce. E, come ci dice la tradizione,
questa sarà la forza che porterà il più sospettoso e forse cinico dei discepoli
a percorrere più chilometri di tutti, fino alle Indie, e lì donare la sua vita
dopo aver annunciato il Vangelo. Non ha paura Gesù delle nostre tenebre, non ha
timore il Signore della nostra incredulità, non si lascia arginare dallo scoglio
dei nostri dubbi. Ma nella comunità, dove anche chi fatica a credere si deve
sentire il benvenuto, ci dà appuntamento per lasciarsi incontrare, vedere,
toccare e sciogliere le nostre resistenze perché la follia del credere è più
ragionevole, ha un motivo in più sempre, del baratro della negazione di una
Vita nuova.