1 Non una patetica nostalgia del passato, ma
un’immersione là dove le nostre radici affondano, nel Mistero cioè di un Dio
che si fa carne, che un giorno ha violato quel confine fino ad allora
invalicabile fra noi e Lui, che ha trasgredito ogni regola che impone distanza
e rigida differenza e si è fatto come noi per vivere sulla sua pelle la
vocazione di essere uomo, e diventare in tutto come noi e poi per prenderci per
mano e per condurci in alto, per dirci che noi non siamo destinati a brancolare
nella nostra pochezza ma il nostro destino è l’eternità e una vita che ha senso
solo se vissuta nel segno dell’amore e che trova il coraggio di spezzarsi per
l’altro. 2 ma questi giorni risvegliano in noi il desiderio dell’eterno, di
andare incontro a questo Signore che, come è venuto e viene ogni giorno in
mezzo a noi, tornerà e tirerà i cardini della storia con Giustizia e
Misericordia: e allora sarà festa perché darà al suo Regno, la cui presenza
scorre al momento nelle vene della nostra storia, al di sotto della cronaca
apparentemente sfilacciata dei nostri giorni, i connotati della stabilità e
dell’evidenza. Questo tempo riscatta il nostro presente e lo libera da ogni
ripiegamento e dalle strettoie e ci ridona la speranza.
I figli del Regno
Nel percorso che il lezionario ambrosiano ci offre oggi
sostiamo sul tema dei figli del Regno, in profonda connessione con il tema di
domenica scorsa, con l’annuncio cioè del ritorno del Signore. Oggi ci viene
messo fra le mani l’identikit di chi è il credente che attende la venuta del
Signore; è come se aprissimo la carta d’identità dei figli di Dio che non hanno
smesso di sperare nel ritorno di Gesù e ogni giorno vivono la speranza buona
del Regno e che sono, appunto, figli del Regno.
La Parola che abbiamo ascoltato non ci fa rincorrere un
insieme di moniti moralistici, come se ci venisse detto solo come dobbiamo
comportarci. Il cristianesimo è molto di più: sempre, ai temi della morale, precede
la dimensione spirituale, la certezza che Dio ci ha amato per primo, che c’è un
dono di Grazia che anticipa anche la nostra decisione di accogliere il Vangelo.
La prima azione per la nostra fede è una non
azione, uno stare per accogliere un annuncio nuovo per la nostra esistenza. E solo dopo aver scoperto che il
Signore ci ha visitato e ha fatto grandi cose in noi, che ha colmato il nostro
bisogno di felicità con la sua presenza, che è perdono, misericordia, che
trasforma le nostre ferite in feritoie di luce, che abita la nostra debolezza
per renderla strumento della sua Potenza, noi possiamo affinare il nostro
agire. Allora il primo dato sulla nostra ipotetica carta d’identità potrebbe
dire pressappoco così: Figlio del Regno? Un incallito estatico! Uno che è vaso
di creta ma con un tesoro prezioso che non è a sua disposizione ma che lo abita
e lo trasforma di giorno in giorno.
E poi, in ordine sparso, con la pretesa di offrire niente
di più che qualche suggestione, mi piace sottolineare che figli del Regno sono
quelli che hanno fatto della vocazione profetica il ciglio fiero della loro
vita…come Isaia, come Paolo, come il Battista. I credenti non possiedono ma
sono posseduti da una Parola che non può essere taciuta, che ci rende paradossali:
quando tutto sembra andare bene il profeta indica la piaga e chiede che sia
guarita; quando l’inverno invece lo circonda, quando sembra si sia spenta ogni
speranza, il profeta sa dare coraggio, sa indicare i germogli che già corrugano
il ramo. Se siamo figli del Regno dobbiamo stare nella città ma a volte anche
di fronte ad essa con uno sguardo
critico, con l’intelligenza di chi sa appunto leggere dentro alle situazioni e all’occorrenza parla o tace…perché
anche certi silenzi sono molto eloquenti!
Ancora, figli del Regno sono quelli che si sentono in un
costante cammino di conversione, che sanno di non essere mai arrivati, che si
sentono sempre sproporzionati rispetto al Vangelo e, con estrema docilità, si
lasciano correggere. Sanno che Dio sa
suscitare anche dalle pietre figli di Abramo e proprio per questo mettono
il loro cuore indurito come pietra, perché il tempo che scorre rischia di
indurire anche i sogni più accesi, nelle mani abili di un Signore che fa
sgorgare fiumi dalle rocce. E, quello che accade a loro è vero per ogni uomo: i
figli del Regno guardano con estrema tenerezza le persone che li circondano, in
modo particolare i piccoli e i semplici, tutti quelli che faticano a vivere in
coerenza, e non sono mai arrabbiati con nessuno. Dio è all’opera nella storia
proprio per raccogliere sotto le sue ali, nella tenerezza della sua mano ogni
creatura.
Infine, i figli del Regno sono persone che percorrono il
sentiero di umiltà che il Battista indica, la via della piccolezza, di quella
presunzione ostinata che Dio non ci salva per merito ma per Grazia per cui si
smette di voler contare agli occhi
degli uomini, per rendere conto
personalmente a lui e a chiunque chiede conto della loro speranza.