Dicono sempre che non ci siano parole sufficienti per descrivere il Mistero della Trinità. Dicono sempre che sia un di più talmente irraggiungibile che non vale nemmeno la pena di rischiare l’avventura. Dicono sempre che
E, a proposito di grammatica, proprio per andare contro la tesi che sulla Trinità si faccia fatica a parlare, ho pensato di stilare un abbecedario, una piccola guida per quando siamo a corto di pensieri sul nostro Dio
A come accoglienza. Dire che noi crediamo in Dio è troppo poco, noi crediamo in un Dio che è relazione fra tre persone, un amore che si fa accoglienza reciproca, ed è amicizia aperta a chi bussa alla loro porta. Abramo alle querce di Mamre si fa in due per accogliere quegli ospiti. Saranno loro ad accogliere la sua domanda di poter avere un figlio, un erede, una discendenza. Dio si fa in Tre pur di aprirci il suo cuore perché noi piantiamo i paletti della nostra vita in lui, plachiamo la sete della nostra felicità alla sua sorgente.
B come benedizione. Cosa si dicono il Padre il Figlio e lo Spirito, qual è l’oggetto del loro dialogo? Quando nei Vangeli Gesù ci parla del Padre e dello Spirito ha per loro sempre parole di benedizione e così il Padre per il Figlio, prima fra tutte le parole quella pronunciata sulle sponde del Giordano nel giorno del Battesimo. Lo Spirito ci ricorda chi è Gesù e in lui, come ci ricorda Paolo, noi possiamo ri-conoscere la verità di Gesù. Il loro amore si traduce in parole di benedizione. Ecco la prima considerazione pratica: anche noi siamo una cosa sola perché Chiesa ma qual è il tenore del nostro linguaggio? Forse dovremmo sprecare di più parole di benedizione per il fratello bandendo ogni lamentosità e superando l’inclinazione alla critica e alla mormorazione.
C come comunione. La vita in Dio è un’instancabile messa in comune di ogni cosa. La gioia e il dolore sono condivisi perché la prima si moltiplichi e la seconda si dimezzi. È un marchio di fabbrica talmente consolidato in casa Trinità che il modo più singolare di restare fra noi di Gesù è proprio la comunione con il suo Corpo e il suo Sangue. Da questa comunione dovrebbe sgorgare uno stile di vita più fraterno, decisamente comunitario, dove nessuno può dire non suo il carico dell’altro e ognuno essere collaboratore della gioia di tutti.
D come dire e dirsi fra loro. La comunicazione è importante. Lo abbiamo già detto a proposito dell’uso della parola nella Trinità. Va sottolineato sempre: quando non si trova il coraggio di dire e di dirsi si resta chiusi nel risentimento e presto la tristezza si impone. È meglio sbagliare in eccesso nella comunicazione che essere freddi e incomunicabili.
E come congiunzione, il discorso si riapre sempre. Dio non è uno, non due ma addirittura tre, perfezione assoluta! Con lui c’è sempre un segmento che unisce e che riapre il discorso. Alla sua vita si unisce anche la nostra e noi su lui possiamo scommetterci sempre.
F Figlio, prospettiva da cui scorgere
G gioia, quella piena che non è la banale felicità di un attimo ma la radicata certezza di essere sostenuti in ogni istante, raccolti in un abbraccio in cui non ci si può smarrire. Questo è Do in sé, è lui per noi.
H hanno e non trattengono, questa lettera è appendice alla parola gioia perché sia più piena. C’è più gioia nel dare che nel ricevere. A questa scuola dobbiamo sempre imparare.
I incomprensibile. Stiamo parlando da tempo della Trinità, forse un accenno alla sua dimensione comunque misteriosa dobbiamo farlo. Noi un Dio così proprio non ce lo immaginavamo. È sempre oltre la nostra logica. Il nostro non è il Dio dei filosofi ma Fuoco che si rivela a poco a poco e che comunque non possiamo trattenere nel pugno della nostra piccola mano.
L luce che guida i nostri passi, impegno mantenuto a fissare fra noi i paletti della loro tenda, come dice Gesù nel vangelo di oggi. E così non avremo più paura di nulla.
M moltiplicare. Si condivide per moltiplicare. È una sovversione di regole matematiche che riesce bene a Dio e che
N nascita. Entrare nella Trinità è rinascere daccapo. Per questo nel battesimo siamo rinati nel suo nome.
O come opera. Noi siamo l’opera in cui si compie l’amore di Dio, noi creature siamo
P Padre, il nome del nostro Dio, non c’è Parola più dolce per descriverlo.
Q quando sarà il tempo anche noi entreremo in casa Trinità, saremo riconosciuti e sarà festa per sempre.
R come replicare con fantasia ogni giorno, nelle nostre case, l’amore che oggi contempliamo e celebriamo.
S Spirito santo
T Tavola imbandita dove c’è gioia e i diversi diventano una cosa sola.
U Uno per Uno per Uno fa sempre Uno. Quel per è segno che rende Tre una cosa sola. Il per, impegno di servizio e dono totale di sé fino a dare la vita. Se anche noi vogliamo essere una cosa sola non ci resta che imparare questa regola.
V Venga il tuo Regno, Padre, quello che abbiamo descritto a tratti è un miraggio, opera che solo la tua Grazia può realizzare in mezzo a noi.
Z come zero, siamo noi lo zero. Ma se davanti si mette l’Uno-in-Tre che è Dio anche noi diventiamo cifra preziosa e consistente, anche noi come comunità, somma di zero o poco più, possiamo diventare oasi in cui sostare ritrovando l’accesso alla vita in Dio.