Non è facile prendere un
ideale evidenziatore fra le mani e lasciar emergere i tratti più importanti di
questa lunga pericope del Vangelo di Giovanni.
Questo è l’ultimo dei segni
che Gesù compie, il più importante. I segni…questi accadimenti che cambiano la
natura delle cose, che incidono nella carne e che rimandano ad una realtà
altra, che portano con sé sempre un interrogativo rivolto alla libertà
dell’uomo perché possa aprirsi con fiducia alla presenza di un Dio che è Padre
e che non ha mai smesso di farsi compagno, alleato del suo popolo camminando
proprio in mezzo a loro.
Gesù decide di partire per la
Giudea anche se sa che è come scendere nella fossa dei leoni. Ha maturato forse
già la convinzione che solo donando la su vita, spezzandosi come pane, avrebbe
potuto dichiarare tutto il suo amore e la sua intenzionalità salvifica per i
suoi. E così la morte d Lazzaro diventa ai suoi occhi, alla sua mente un
angoscioso presagio della sua morte: un conto è comprendere di dover dare la
vita e un altro trovarsi nel mezzo dell’arena, sentire sulla pelle il brivido
che quel momento è molto, troppo prossimo.
Qui a Betania incontra le
sorelle di Lazzaro. Una, Marta, che gli corre incontro alzandosi dal suo dolore,
uscendo da quella casa che la costringeva a tenere il pensiero fisso sulla
morte. E l’incontro con il Maestro le apre la dimensione di una nuova fede e
una nuova speranza. Maria invece rimane in quella casa e ci sarebbe rimasta se
sua sorella non fosse corsa a pregarla di accompagnarla da Gesù. Maria non
vuole saperne di incontrare l’amico che ha sentito così distante proprio nel momento più
angoscioso della sua vita. Le due sorelle sono i due opposti atteggiamenti di
fronte alla morte: rispettivamente un’inattesa apertura alla fede e una
chiusura definitiva all’Altro.
E poi il segno che si
esaurisce in poche righe: una preghiera, un grido e la pietra che pesava come
un macigno irremovibile sulla tomba e sulla vita degli amici di Gesù viene
ribaltata e Lazzaro esce dal sepolcro.
Vorrei soffermarmi su questo
verbo uscire. Mi sembra che sia la
condizione in cui si trovano tutti i protagonisti di questo racconto. Maria e
Marta devono abbandonare una fede troppo popolare, troppo generica per accedere
ad una dimensione nuova, ad una fede personale, cioè che punta tutto sulla
persona di Gesù. Lazzaro lascia la tomba. I discepoli devono uscire dalla paura
e dal tentennamento. I giudei devono, vedendo quel segno, uscire dalla
presunzione orgogliosa id aver compreso tutto di Dio e addentrarsi nell’enigma
di Gesù come Messia e Figlio di Dio.
Ma anche Gesù deve uscire.
Uscire dalla paura della morte, la sua, che lo fa commuovere e turbare
profondamente, che gli spezza la parola in gola e lo fa piangere.
Tutti loro escono solo per un
atto di affidamento profondo. Per la fede in Dio che è Padre e che non ci
abbandona mai le cui orme rimangono invisibili sulla sabbia della nostra vita
perché ci solleva sulle sue ali e ci fa volare assieme a lui, questo Padre che,
per dirci che la sua Gloria è la nostra vita in pienezza, ci fa sperimentare
ogni giorno scampoli di risurrezione.
Vorrei che questa sosta di
quaresima, prima di entrare nella settimana autentica, sia per noi occasione
per purificarci da tutte le nostre paure. La morte è, a mio avviso, l’immagine
più emblematica di ciò che paralizza il cuore rendendoci duri, chiusi, muti,
spaventati e arresi di fronte alle sfide della vita. Ci sono paure che
attanagliano il nostro cuore. La paura di non essere amati, la paura del fallimento,
la paura dell’altro, di aver tradito i nostri sogni, la paura della delusione,
la paura di non farcela e di non riuscire a fare tutto quello che vorremmo in
un tempo che percepiamo essere diventato breve. c’è la paura di ricucire un
rapporto mentre il tempo passa. Lasciamoci prendere per mano dal Padre, lui è
la nostra roccia. Lasciamo che la sua Grazia ci tocchi e compiamo un salto di
affidamento. Lasciamo che la sua luce entri nelle nostre zone d’ombra e ci
aiuti a metterci in gioco perché davvero vivere nella paura è perdersi la vita,
lasciarsi frenare dal timore è un azzardo troppo alto che rischia di far
scivolare nella banalità e nel ripiegamento il resto dei nostri giorni. Sarà
allora come una primavera. Sentiremo di avere la nostro fianco un Dio che lotta
dalla nostra parte e inizierà a fiorire in noi una vita degna di questo nome
che è già segno di risurrezione.
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