domenica 19 agosto 2012

dodicesima dopo Pentecoste

Geremia, una figura emblematica per dire il ruolo del profeta: guarda oltre le apparenze e denuncia, nei tempi di un apparente benessere, lo scandalo dell’ingiustizia, dell’oblio della fede e quindi della carità, lo scandalo di scelte mirate solo all’interesse personale. Geremia pagherà duramente con il carcere e con la solitudine questa predicazione che lo rendeva forte con i forti. Cosa inedita al suo tempo, per dire il lutto in cui Israele sia autocondannava a vivere, non prenderà nemmeno moglie. La sua vita diventerà un segno profetico. Nel tempo della crisi, della distruzione e della sfiducia sa annunciare le cose nuove che il Signore sta per compiere in mezzo al suo popolo. Perché Dio è misericordia, rinnegare il suo popolo sarebbe, per lui, rinnegare se stesso. L’amore che lo porta alla gelosia, a tratti alla collera è lo stesso che lo porta a considerare il suo popolo come un bambino da educare. Geremia, pur non essendo costretto, parte con Israele esiliato verso Babilonia. L’annuncio che c’è un resto d’Israele da cui Dio ricostruirà la sua storia d’alleanza sarà il motivo di sottofondo costante alla sua predicazione del post-esilio.  Il profeta è uno che nell’inverno sa vedere il crepitio del germoglio che increspa il ramo secco.
A questo brano fa eco Paolo e la sua certezza che Dio non ha dimenticato Israele ma lo sta conducendo a salvezza per sentieri misteriosi. Un cammino che non è ancora terminato, nemmeno oggi.
E chiude la proposta della Parola il brano di Vangelo in cui Gesù manda missionari i suoi discepoli. È un esperimento di missione, una sorta di prova alla missione vera che li attenderà nel tempo dopo la risurrezione. Mi colpisce soprattutto, collegando questo brano alla Parola di Geremia, che anche i discepoli devono condividere questa sorta di vocazione profetica, devono camminare portando una Parola non loro, anzi, meglio sarebbe dire, devono lasciarsi condurre lontano da una Parola che li precede e che ha la forza di cambiare la loro vita e  quella di chi li ascolterà. È una pagina molto intensa, a tratti paradigmatica, assomiglia e vuole essere una regola di vita per chiunque decide di dare disponibilità per il Regno. E noi, pur avvertendone la carica utopica, pur domandandoci se è mai possibile vivere così, sentiamo sulla pelle la sua freschezza e tutto il fascino, quasi un’irradiazione che ci spinge a farla nostra. Ecco perché mi permetto di sottolinearne alcuni passaggi:

il Regno dei Cieli è vicino: non in termini di tempo ma di prossimità reale, ti è accanto. Gioisci, stupisciti. Parti da qui per un reale cammino di conversione
guarite i malati, risuscitate i morti…partire dagli ultimi
la povertà sinonimo di gratuità e annuncio che Dio solo basta
la pace da invocare e da ricevere: è bandito l’affanno
solo a Dio il giudizio
una predicazione così è ricca di segni e povera di parole, non è disincarnata ma profuma di vita, s’incarna nell’oggi di chi ascolta. Anzi diventa una vera e propria provocazione davanti a cui sei chiamato a scegliere in che modo porti.

A noi cosa dice oggi questa parola: la nostra vocazione è profetica. Il bisogno di uomini e di donne che, per fede, che rapiti dall’utopia di un mondo diverso, di un mondo che Dio ci prepara, sanno scendere in piazza e gridare, sanno essere schietti, pronti alla denuncia ma anche capaci di consolazione. Ma forse, ancora di più, sanno essere profezia nell’ordinario dei loro giorni con scelte autentiche.
Profeti che hanno sulle labbra la parola dei segni, proprio come i discepoli nel Vangelo ascoltato. Sogniamo una Chiesa meno parolaia, meno arroccata per paura, e più dinamica…una vita così è possibile:
Mentre un giorno ascoltava devotamente la messa degli Apostoli, sentì recitare il brano del Vangelo in cui Cristo, inviando i discepoli a predicare, consegna loro la forma di vita evangelica, dicendo: "Non tenete né oro né argento né denaro nelle vostre cinture; non abbiate bisaccia da viaggio, né due tuniche, né calzari, né bastone". Questo udì, comprese e affidò alla memoria l'amico della povertà apostolica e, subito, ricolmo di indicibile letizia, esclamò: «Questo è ciò che desidero questo è ciò che bramo con tutto il cuore!». Si toglie i calzari dai piedi; lascia il bastone; maledice bisaccia e denaro e, contento di una sola tonachetta, butta via la cintura e la sostituisce con una corda e mette ogni sua preoccupazione nello scoprire come realizzare a pieno le parole sentite e adattarsi in tutto alla regola della santità, dettata agli apostoli.
Dalla Leggenda maggiore di san Bonaventura.

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