domenica 2 ottobre 2011

V domenica dopo il martirio del Battista. festa dell'oratorio a Berni e Bono

Vorrei con voi, in questo momento della celebrazione, fare due semplici passi: il primo assomiglia a un appunto scritto a matita a margine di questa giornata di festa; nel secondo, per far risuonare ancora la Parola appena ascoltata, vorrei chiedere a Gesù qualche “dritta” per il nostro oratorio che riprende da oggi, dopo lo straordinario del periodo estivo, le sue attività ordinarie. 1 Cos’è per me l’oratorio? È abbastanza difficile sintetizzarlo in poche parole: basta dire che è la mia vita? Non vorrei dilungarmi a descrivere il metodo educativo che giorno dopo giorno cerchiamo di modellare tutti assieme, genitori, preti, religiosi, catechisti ed educatori: forse basta dire che in oratorio accogliamo tutti, accompagniamo molti nel loro cammino di crescita e portiamo a Gesù qualcuno. Non è il caso nemmeno di farmi prendere dai sogni anche se vorrei con forza che il cuore delle nostre proposte fosse Gesù e il Vangelo del suo Regno, che in ogni attimo si respiri la proposta di una vita comune autentica e che il muretto che ci separa dalla strada fosse il più basso possibile perché a molti sia facile entrare fra noi e per noi sia agile uscire e farci missionari. E allora cosa posso dire, anche per augurare a tutti un buon cammino in questo anno intenso, bello, promettente che si apre? Mi propongo di creare un acronimo della parola oratorio, per ogni lettera trovare una parola corrispondente. O…occasione. L’oratorio è l’occasione per una vita diversa per i piccoli, le loro famiglie e per i grandi che si mettono al servizio. Dietro ad ogni occasione passa il Signore, si nasconde il sorriso di Dio che ci invita a fare festa con lui. R…rischio. In oratorio si assapora il rischio di una sequela a Gesù e alla sua Parola di amore. Se rischi con lui la tua vita non è davvero buttata. A…allegria. Non c’è oratorio senza allegria! È il messaggio antico dei padri che hanno dato forma a questa proposta. Via i musi, le chiacchiere che rendono malinconico e pesante il clima. L’allegria, come tutto ciò che è bello, educa al Buono. T…tutti, o almeno, Tanti! L’oratorio nasce dall’abbraccio della comunità cristiana al quartiere. Qui i cammini sono tanti quanti sono i ragazzi. E da questo intreccio si scorge l’unico sentiero che conduce al Signore. O…occhio! Ti tengo d’occhio! Che bello incontrare in oratorio adulti e giovani educatori che vibrano di passione per i ragazzi, che li tengono d’occhio per essere puntelli solidi piantati sulla parete scivolosa della vita! R…ricreazione. In fondo l’educazione è l’opera che ri-crea una persona, che estrae dal cuore di un giovane la verità del suo essere unico, meritevole di stima, pieno di dignità. I…intenso. Così deve essere ogni proposta, densa di possibilità, capace di suscitare un nuovo orizzonte. O…ora! Adesso è il futuro della Chiesa. In oratorio già si respira la profezia di una Chiesa più giovane, più agile, più povera, più aperta al mondo, più evangelica e simile al Regno. E attraverso la Parola ascoltata, Gesù, che cosa vuole dirci che augurio vuole farci. Nella prima lettura abbiamo ascoltato l’imperativo del fare memoria, il bisogno, per vivere e per progettare il futuro, di non scordarsi chi è Dio per la storia d’Israele. Dio è colui che è entrato di forza e per amore nelle vicende di questo popolo e proprio per questo chiede che gli si voglia bene, che non lo si consideri lontano, estraneo, troppo alto da non poter nemmeno essere immaginato e questo di generazione in generazione. Mi sembra una parola provvidenziale oggi, piena di senso, rivolta a tutti gli adulti, per primi i genitori, impegnati ad educare i ragazzi. Non parliamo di un Dio generico ai nostri figli, troppo umano, non raccontiamo favole su di lui, non diamogli la maschera del giudice severo o del Signore impietoso, non annoiamoli con troppe parole, le nostre. Facciamo vibrare di passione la nostra testimonianza, mettiamoci in gioco noi per primi, lasciamoci ferire da un Padre che ci ama al punto da perdonarci e prenderci per mano anche se siamo caduti tanto in basso. Se saremo noi credibili avremo spianato la strada perché i nostri ragazzi si lascino rapire dall’incontro con lui. E la nostra memoria sarà il loro futuro, il futuro della fede, della Chiesa. Paolo, con parole a tratti dure ma molto lucide, invitava i suoi Galati a non ritornare indietro per rintanarsi nella sicurezza di una religione fatta di legge e precetti. Gesù ci ha donato le ali della libertà. In fondo Gesù non ha detto cosa non fare, ci ha detto di amare come lui e in questo ha spalancato per ognuno un sentiero che è tutto da inventare. Penso che educare alla libertà nella libertà sia il compito del nostro oratorio. Le regole serviranno da trampolino di lancio ma poi bisognerà farci compagni di ogni ragazzo per accompagnarlo nella scelta di una vita, nella definizione di una vocazione, in cui dovrà esprimere il suo potenziale d’amore. E Gesù non sarà un di più di cui si può fare anche a meno ma l’amico a cui stringere la mano per capire come fare ogni giorno a donare la vita. E infine, in Matteo, Gesù ci mette fra le mani la regola d’oro. Ama Dio e ama il prossimo, due facce dell’unica cosa che conta per non buttare via la nostra vita. Per qualcuno sarà più facile partire dal volere bene a Dio e stare tanto con lui: dovrà però prima o poi capire che a Dio piace tanto essere amato nel servizio agli altri, soprattutto ai poveri. Per qualcun altro invece sarà più facile all’inizio voler bene ai poveri, spendere intelligenza e passione per loro, magari anche viaggiare per andare a trovarli per poi accorgersi di essere chiamato a voler bene soprattutto a chi condivide con lui gomito a gomito la vita. Sono convinto però che a un certo punto scoprirà, nel suo amore per il fratello, che Dio è lì, nascosto dietro il suo volto, pronto ad attenderlo. Che bello è un oratorio dove la fede conduce alla carità e la carità alla fede?

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