lunedì 31 ottobre 2011

2 domenica dopo la Dedicazione del Duomo


1 un Dio che è salvezza per tutte le genti: l’altra prospettiva sulla missione

In questo ultimo scorcio dell’anno liturgico il lezionario ci sta invitando a riflettere sul mistero di Gesù che convoca la sua Chiesa e la invia missionaria nel mondo fino al giorno in cui lui ricapitolerà ogni cosa, fino a quando tirerà i cardini della storia e darà un senso a tutto, anche alle pagine oscure della nostra vita e ai tanti perché che oggi ci serrano il cuore e, a tratti, la gola. Il credente dunque sa di essere chiamato ad una sfida non da solo ma sempre con altri fratelli, puntando sempre oltre: il suo orizzonte è il mondo e il suo confine è il futuro del Regno…fa bene ogni tanto dirselo per non rischiare di restare impantanati e invischiati in una dimensione troppo ripiegata sull’attimo presente o sui confini angusti delle proprie piccole strade. Fino al giorno ultimo siamo chiamati ad uscire verso ogni uomo per annunciare con la vita e con le parole che Cristo è il senso dell’esistenza e che se rischi con lui non perdi e non ti perdi mai.

Oggi il tema che compare come sottotitolo a questa II domenica dopo la dedicazione del Duomo è la chiamata delle genti alla salvezza. È un modo altro per dire la missione della Chiesa, è una prospettiva forse più specifica per ritrovare il senso di una direzione da marcare a passi rapidi verso i confini della terra. La missione non è anzitutto opera nostra, noi non dobbiamo proprio convincere nessuno a passare, armi e bagagli, dalla nostra parte: la missione è dare nome e indirizzo alla nostalgia che l’uomo di sempre e di ogni terra porta nel cuore, la nostalgia di poter incontrare nella sua vita Dio, di poter far incrociare le sue domande di senso alla risposta che è Cristo, con la sua vita, la sua Parola e la sua Pasqua. Si spezza così l’ansia di convertire a tutti i costi vicini e lontani e il nodo della questione diventiamo noi e l’esemplarità di una testimonianza che in questo senso riusciamo ad offrire; perché alla fine il punto è se noi per primi siamo capaci di trovare in Gesù la fonte che disseta le nostre inquietudini.    

2 Una questione attuale:  le altre religioni e il cristianesimo (Conc. Vat. II Nostra Aetate).

Se così stanno le cose diventa allora urgente riprecisare quale deve essere l’atteggiamento del credente nei confronti delle altre religioni. Siamo in una stagione non facile, di crisi, e quando si ricerca la propria identità si rischia a volte di alzare un muro e di cercare un nemico, di ribadire le differenze. Per questo si rischia di rendere anche le religioni strumentali a questa contrapposizione, si innesta la paura del diverso e si smarrisce il tesoro che anche la tradizione più recente della Chiesa ci consegna a partire dal Concilio: tutti sono salvati in Cristo; in ogni religione, addirittura nella retta coscienza dell’ateo e dell’agnostico, è seminata la presenza creativa dello Spirito. Per dirla con papa Benedetto nei giorni appena passati ad Assisi: siamo tutti pellegrini verso la Speranza. È ancora il tempo di sottolineare ciò che ci unisce più che ciò che ci divide e a noi cristiani resta da vivere la gioia del Vangelo e l’espressione alta della Carità per essere testimoni della bellezza di Cristo. E io non posso non pensare di aver intravisto Cristo nell’amore sincero delle mamme musulmane di Sarajevo che accolgono nelle loro case, come mamme affidatarie, i bambini orfani della seconda generazione dopo la guerra; non posso non dire la straordinaria accoglienza verso i nostri giovani fino a farci celebrare messa in una delle loro case. Non posso tacere lo stupore di aver sentito dire, in quella terra segnata dalla contrapposizione e dalla divisione, che, vedendo i nostri giovani all’opera, loro musulmani hanno compreso che anche i cattolici sono capaci di amare e che dire il contrario è solo sterile propaganda!

3 l’immagine della rete…

Forse mi soffermerò poco sul brano di vangelo che oggi ci è proposto ma è di una lucidità tale che, annunciato in un contesto così, sa illuminare ancora più in profondità il nostro tema. Il Regno è come una rete gettata in mare. In questo Regno convivono i diversi, addirittura i buoni e i cattivi insieme. Ma a noi non è dato di fare discernimento fra gli uni e gli altri. Ci è chiesto di condividere la nostra esistenza con i nostri fratelli ed essere noi per primi impegnati a incarnare il Vangelo facendo sì discernimento fra il bene e il male, rifiutando la logica del peccato, la ricerca del potere e tutto ciò che uccide la dignità dell’uomo, cercando, in altre parole, di essere pesci buoni e denunciando ciò che è male. E un giorno ci sorprenderemo che Dio avrà tratto da quella rete molti più pesci di quello che immaginavamo, fratelli che magari abbiamo avuto la tentazione di giudicare lontani e perduti ma che sono stati sinceramente ancorati alla Carità, l’unica cartina di tornasole, l’unica controverità di ogni religione e di ogni fede. E allora sarà festa.

4 come una conclusione. ogni scriba che diviene discepolo…

All’inizio non ho compreso bene il perché di queste parole, mi sono chiesto cosa c’entrassero con il tema posto dalla liturgia di oggi. Ma poi ho pensato che, se è vero che la salvezza è data a tutti indistintamente, allora ogni praticante di qualsiasi religione, in retta coscienza, è come uno scriba che ha un tesoro prezioso da cui attingere sapienza. Ma, come è lecito pensare di restare scriba, sarebbe magnifico se tutti conoscessero Gesù e diventassero suoi discepoli. Il tesoro della vita si arricchisce quando riconosci che Cristo è la pienezza della Rivelazione di Dio.

Nessun commento:

Posta un commento