sabato 12 settembre 2009

III domenica dopo il Martirio del Battista

L’itinerario di queste domeniche ci ha portato a riscoprire in Cristo il culmine e il centro della storia della salvezza e anche della nostra storia. Lui è lo Sposo annunciato dal Battista che ha preso per mano il suo popolo in un’alleanza di amore eterno, lui è il Mistero di fronte al quale il nostro cuore deve decidersi e se gli spalanchiamo le braccia della nostra vita nulla sarà più come prima: la Parola di oggi ci indica i termini di questa novità.
Chi accoglie Cristo non crede più in Dio…crede in Dio Padre, ed è una bella differenza! Scopre, conosce, ama un Dio che ha abbattuto ogni distanza con la sua creatura e le si è fatto prossimo. Un Dio che non gioca con le paure dei suoi figli, che non ama tenere le distanze e giocare con le nostre vite come un abile burattinaio, un Dio che non è la proiezione delle nostre idealità, non è un insieme di regole e di precetti, di dogmi da osservare scrupolosamente, ma un Padre che scommette ogni cosa sull’amore, che rispetta la nostra libertà, che si è avvicinato con discrezione alla nostra vita bussando alle porte del nostro cuore, un Padre che ha deciso di attrarci a sé con la debole forza dell’amore e ci chiede di lasciarci trasformare interamente da lui e dalla sua Parola.
Chi accoglie Cristo ha una prospettiva in più sulla sua vita, quella che più conta: l’eternità nel frammento di ogni attimo, ha la certezza di vivere nella casa del Padre.
Chi accoglie Cristo crede che la propria vita è preziosa quanto la sua Vita e che come lui anche noi siamo i prediletti figli di Dio, amati per quello che siamo più che per quello che dobbiamo dimostrare, crede di essere stato riconciliato nel suo sangue versato e in quelle mani trafitte d’amore, sa che l’Amore di Cristo si è fatto arrendevolezza e dono totale, sa che sulla croce sta l’abbraccio fra Cielo e Terra, sa che non c’è peccato più grande dell’amore crocifisso, sa che non c’è ferita così profonda che Cristo non possa guarire.
Chi accoglie Cristo ha una speranza su di sé e sul mondo che, anche nei giorni dell’afflizione o della paura, nessuno potrà strapparci e che si rivelerà con una gioia incontenibile.
La novità di Cristo va accolta dall’alto perché è un dono che ci sorprende, ci afferra, appunto, da sopra. Quindi non è frutto del nostro impegno ma un dono che bussa alle porte della nostra vita e che noi, in libertà totale, siamo chiamati a ricevere e a scartare. Bisogna lasciarsi andare, bisogna abbandonarsi, bisogna affidarsi e più credi e più comprenderai e più comprenderai e più crederai in lui. Come il soffio del vento arriva e ci dona sollievo o scompiglia le nostre carte, così Cristo arriva all’improvviso nelle nostre cose e prepotentemente mette a soqquadro le carte dei nostri schemi rassicuranti. Proviamo a pensare a quando Cristo si è affacciato alla nostra vita e magari un turbine di novità ci ha afferrati e nulla più è rimasto come prima oppure, magari, in modo più semplice e tranquillo, Cristo si è affermato nei nostri cuori come una Verità a cui però adesso non sapremo mai più rinunciare.
Ma la prova che Cristo ci ha conquistati, che questa rinascita dall’alto è avvenuta e che siamo creature secondo lo Spirito sta nella nostra capacità di piegarci verso il basso e fare come lui, gettarci nelle pieghe della nostra città, affondare nelle vene della nostra storia, deciderci di sporcarci le mani nella melma della povertà e della disperazione per essere un segno di amore, per costruire qui e ora un angolo del Regno di Dio portando a termine un compito che spetta a noi. È nella Carità l’evidenza che Cristo ci ha conquistati, è nella fattività di un amore discreto e operoso che si vede se siamo rinati dall’alto, sta, per fare eco alla lettura di Isaia, nell’essere beati perché assetati di giustizia e operatori di pace.
Vorrei però concludere la mia omelia di quest’oggi con una dedica speciale a tutti quelli che ancora non si sono decisi per Cristo e che tuttavia si sono lasciati attrarre dalla sua bellezza e in lui, in un dialogo appena iniziato, stanno cercando le risposte più autentiche ai loro perché. Penso a chi assomiglia a Nicodemo, un personaggio che mi ha sempre affascinato che va da Cristo di notte per paura di essere visto ma che non ha paura di mettersi in discussione con le sue domande, decide di dare spazio alla sua inquietudine e solo alla fine, ai piedi della croce, troverà il coraggio di dire il suo sì a Gesù e alla fede in Dio Padre. È grande cosa l’inquietudine e, ai nostri giorni, è grande cosa lasciarle spazio e non soffocarla. La fede può essere un ruscello che dolcemente diventa fiume ma può essere anche l’eruzione di un vulcano da troppo strozzato. Chi arriva a Gesù per la via dei suoi mille perchè avrà una fede così. Fare il primo passo verso Cristo è già una decisione impegnativa, bisogna solo farsi rapire dalla sua bellezza e non avere paura di dargli tutto perché non toglie nulla e ci restituisce la nostra umanità rinnovata, approfondita, ingigantita. E finalmente il cuore avrà trovato a fonte della pace.

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