domenica 13 giugno 2010

spunti per l'omelia nella terza domenica dopo Pentecoste

Oggi, festa in famiglia per riscoprire che la nostra comunità è formata dalle famiglie che abitano il nostro quartiere, un’occasione per valorizzare la vocazione della famiglia ad essere cellula preziosa per la Chiesa per la società intera. Un’occasione per la nostra comunità a metterci tutto l’impegno possibile perché ad ogni famiglia sia restituita la sua dignità.

La storia della salvezza è la storia che scorre nelle vene dei nostri giorni, sotto le apparenze degli avvenimenti che fanno cronaca. La cogli se indossi le lenti giuste e ti accorgi della presenza di Dio che tiene i cardini del mondo e guida con la sua Provvidenza ogni cosa. Beato chi se ne accorge perché riscatta il tempo dalla banalità, dal pessimismo, dalla paura che tutto procede a caso verso una fine tragica.

La Parola allena lo sguardo e ci offre due chiavi per interpretare la storia della salvezza.

l’uomo e il suo peccato, le sue ombre, il tentativo di emancipazione attraverso il falso mito dell’autonomia.

l’ostinata caparbietà di Dio nel tendergli la mano, di offrirgli occasioni di ricucire una comunione

Eva tentata dal serpente inizia a pensare che Dio sia nemico, un compagno di viaggio ambiguo che promette e poi non mantiene, che abbia qualcosa da nascondere, che sia da ostacolo alla sua felicità. In realtà quell’albero era stato proibito non per nascondere all’uomo la conoscenza del Bene e del Male ma perché Dio voleva che l’uomo, attraverso una regola, un comandamento, fosse libero di scegliere se fidarsi o meno di lui. Il nostro è un Dio che non vuole creature prone e soggiogate ma persone a fronte alta, libere di seguirlo o meno. Da qui la disobbedienza e le conseguenze: Dio non castiga ma prende sul serio il desiderio di autonomia e l’uomo dovrà accettare le conseguenze di aver scelto di essere slegato dal suo Creatore. Dio aveva messo fra le sue mani la natura e ora, nella solitudine ricercata e immaginata come possibilità di realizzazione, l’uomo la scopre nemica contro cui lottare. Anche l’amore diventa ambiguo e può diventare, da scambio reciproco, dominio. La pagina di oggi non ci fa leggere i versetti immediatamente successivi. Dio intreccia un vestito ad Adamo ed Eva, segno di una volontà di ricucire appena l’uomo lo vorrà l’antica comunione.

Saranno un altro uomo e un’altra donna, Maria e Giuseppe, scelti nella loro diversità e nella loro storia di coppia, in obbedienza ognuno alla propria vocazione (Maria a generare Gesù e Giuseppe a dargli il nome, a legarlo cioè alla storia di Israele), a donare la mondo un Uomo, il Cristo, Gesù che salverà il suo popolo, che intreccerà definitivamente i fili della comunione con il Padre per chi fa di lui il motivo della sua vita. è Paolo nella sua riflessione che ci offre le dimensioni giuste della salvezza che ci è stata data in Gesù.

Cosa dice a noi questa stralcio della storia della salvezza.

1 la salvezza non ce la siamo guadagnati con le nostre mani, con le nostre buone opere. è un dono che ci precede. Noi siamo rivestiti di Grazia attraverso la Pasqua di Gesù. su quella croce Gesù porta anche la nostra storia con le sue ferite, i suoi errori e Gesù ci dice che tutto ci è stato perdonato e che noi siamo amati e attesi a casa in un abbraccio forte; sulle palme delle sue mani ferite d’amore stanno i nostri nomi e Dio non li vuole dimenticare. Noi siamo figli e questa è la verità che cambia la nostra prospettiva su noi stessi. Da qui si può iniziare a vivere in modo nuovo.

2 nel racconto di Genesi ci è detto che la radice del peccato è la voglia di essere autonomi, indipendenti da Dio, avvertirlo come nemico e sovvertire l’ordine delle cose, iniziare a pensare come male ciò che è bene e viceversa. Anche se oggi siamo qui non ci è risparmiata la tentazione di voltargli le spalle e di voler fare di testa nostra in una strana idea di libertà, salvo poi stare male e soffrire le conseguenze di questa scelta. Dio ci ha creati come persone di comunione e ogni volta che ci barrichiamo e vogliamo fare di testa nostra andiamo contro noi stessi.

Se ci scopriamo poveri pellegrini, ancora una volta feriti per le nostre cadute, sentiamoci però accolti. Forse da qui, oggi, si può iniziare ancora una volta daccapo.

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