domenica 7 agosto 2011

VIII dopo Pentecoste

Tre racconti, la storia di alcuni uomini
Come abbiamo ascoltato la Parola di oggi e come l’ascoltarono i protagonisti? Sarà per la nostra atavica propensione ad anestetizzare tutto ciò che può metterci seriamente in discussione, sarà per l’onda anomala di parole che ogni giorno ci investe e da cui, forse anche in chiesa, abbiamo preso l’abitudine a difenderci, sarà perché l’abitudine al precetto della domenica stempera i contorni forti del rito e delle sue provocazioni ma magari ci è sfuggito che qui si parla di uomini che, ad un tratto, si sono trovati coinvolti in un’avventura che non apparteneva a loro; qui si racconta di persone che, come noi, avevano un intreccio di relazioni, avevano una religiosità più o meno accesa, vivevano il tempo con le sue pesanti monotonie o i suoi deliranti strattoni che ti mettono fretta nel cuore, conducevano una normalissima esistenza e, ad un tratto, si sono imbarcati, chissà a quale prezzo, sulla rotta che avrebbe segnato per sempre il loro destino.
La chiamata dei primi discepoli: il fascino di una parola e di uno sguardo
Ad esempio i primi 4 discepoli. Stavano vivendo una normale giornata di lavoro, sentivano forse il peso di una fatica accolta solo per assicurare un presente dignitoso e un futuro promettente a qualcuno di caro, stavano conducendo con destrezza le loro barche e con passione la loro arte gustando la gioia di sentirsi uniti da una professione finché una voce decisa, poche parole a dire il vero, li ha gettati su una nuova strada, li ha messi in cammino verso una meta non chiara ma accolta perché era affidabile quell’uomo che passando li ha chiamati. Mi chiedo spesso che cosa quella voce ha fatto risuonare nel cuore di questi uomini e più ancora che forza affascinante dovevano avere gli occhi di Gesù per diventare contrappeso così pesante alla sicurezza di una vita messa da parte con fatica.
La chiamata di Paolo: un Vangelo che è un dono che se non condividi si consuma fra le mani
Era un uomo come noi, Paolo, o, a dire il vero, molto più acceso di noi nelle cose che riguardano Dio. Eppure anche lui si è trovato sbalzato da una voce che, se non il carattere, gli ha cambiato prospettiva. Da quel giorno sulla strada di Damasco quello che era importante non lo è stato più per lui, e ciò che disprezzava è diventato il suo tesoro tanto da accettare la sofferenza, tanto da iniziare a vivere la passione forte per il Vangelo.
La chiamata di Samuele: al servizio della Parola, il servizio della Profezia.
Era solo un ragazzo Samuele, uno come tanti, uno come i nostri. Cercava in Eli un maestro a cui poter aggrappare i sogni del miglior futuro immaginabile, già sapeva di Dio molte cose, ma non l’essenziale ovvero la sua capacità di destabilizzare ogni sicurezza per aprire orizzonti nuovi. Già stava preparando il suo posto in quella religiosità un po’ spenta e confinata nella sacralità del Tempio, quando una voce gli mette nel cuore un fuoco che da lì in avanti non potrà più contenere e che gli farà salire sulle labbra parole profetiche, forti con i forti e di tenerezza con i poveri, piene di speranza nei giorni della crisi e piena di duro monito nei giorni della finta prosperità.
Ciò che unisce queste storie. L’irruzione di Dio nel quotidiano: ci dicono che Dio non bada a schemi precisi e non si lascia confinare nel modulo già sperimentato. Al contrario lui è pieno di fantasia e creatività e, ad un tratto, rompe le distanze e si fa prossimo con un progetto che interpella la libertà dell’uomo. A volte questa sua comparsa è distesa nel tempo, a volte è rapida come il bagliore di un fulmine: in ogni caso è una vera e propria irruzione che usa violenza a chi la vive.
Un orizzonte che si spalanca all’improvviso e che dà senso pieno alla vita. Se chiedessimo ai nostri protagonisti se mai avevano immaginato cosa sarebbe stato di loro nell’assentire a Dio, tutti direbbero di no. Se domandassimo loro se ripeterebbero il loro sì risponderebbero in modo affermativo perché per la loro vita non avrebbero mai previsto nulla di così bello e di così profondo.
La vita come dono che si spezza per il bene di qualcun altro. Dio li chiama ma non li stringe sul palmo della sua mano. Piuttosto invece rende loro un dono per la vita di molti altri. La vocazione non è mai un bene privato ma una ricchezza da trafficare nella relazione con i fratelli.
Oggi, in questa tappa del cammino che ci fa riscoprire il mistero della storia della salvezza, è importante fare memoria della nostra vocazione: come e quando Dio ci ha chiamato e quale era l’orizzonte che ci ha aperto? Fa bene tornare indietro con la memoria e scoprire che siamo stati messi a parte di un sogno che ci ha fatto palpitare il cuore e che è diventato la nostra ricchezza.
Scoprire che c’è sempre una vocazione nella vocazione e Dio ci chiama sempre a precisare il nostro modo di amare come lui…in fondo la vocazione è proprio questo, il nostro modo speciale di vivere la fede, il nostro rapporto con lui e con i nostri fratelli alla maniera e secondo le esigenze del vangelo
Chiederci che ne è della nostra radicalità, se abbiamo svenduto i nostri sogni, se ci siamo lasciati prendere dalla delusione, dalle frustrazioni, se il nostro cuore si è arenato o è invecchiato oppure se questo cammino ci fa crescere ogni giorno sempre più, ci mantiene giovani, ci ha reso vulnerabili ma per far entrare nel cuore tutti quelli che amiamo.
E nel mondo deserto aprirai una strada nuova. Così dice una canzone che ha per tema la vocazione. Mi dà i brividi pensare che con il mio sì alla sua chiamata io apro un sentiero su cui tanti altri fratelli potranno scoprire il volto del Padre e l’annuncio che la vita ha senso solo se donata per amore.

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