domenica 18 settembre 2011

III dopo il Martirio del Precursore


"Uomini vanno a Dio nella loro tribolazione, piangono per aiuto, chiedono felicità e pane,
salvezza dalla malattia, dalla colpa, dalla morte.
Così fan tutti, tutti, cristiani e pagani.
Uomini vanno a Dio nella sua tribolazione, lo trovano povero, oltraggiato, senza tetto né pane,
lo vedono consumato da peccati, debolezza e morte.
I cristiani stanno vicino a Dio nella sua sofferenza. Dio va a tutti gli uomini nella loro tribolazione,
sazia il corpo e l’anima del suo pane, muore in croce per cristiani e pagani
e a questi e a quelli perdona".

Forse la mia omelia potrebbe chiudersi qui, lasciando come unico commento alla Parola di oggi questa preghiera che scrisse D. Bonhoeffer. In questo scorcio dell’anno liturgico in cui viene messo al centro l’annuncio che Gesù è il compimento della storia della salvezza, oggi in particolare, ci viene detto in che modo si compie questa rivelazione, nel segno della forza che si fa debolezza per salvare ogni uomo, della potenza che si fa crocifissa per abbracciare nel perdono ogni uomo.

Eppure il messia che Israele attendeva doveva avere una tono differente. Proviamo a immaginare come poteva essere letta, ad esempio, la pagina di Isaia che anche noi oggi abbiamo ascoltato, nel contesto della Palestina ai tempi di Gesù, schiacciata dall’oppressione politica e militare dei romani. Il Messia che tutti si attendevano, anche i discepoli, era la manifestazione di un Dio guerriero, forte, intransigente, che libera e spezza, che brucia e ridà dignità all’oppresso. Ma Gesù rifiuta questa categoria, nella preghiera, immerso costantemente nel cuore del Padre, ha maturato un modo diverso di essere Figlio di Dio. Non sarà il Messia re; non sarà il Messia del giudizio ma il volto del Dio debole, prossimo all’uomo, del Dio che si ritrae per fare spazio alla libertà. Il Dio che conquista uno ad uno i suoi. È Il Messia che ad un certo punto, dopo aver gridato l’annuncio di un Regno in cui gli ultimi e i piccoli sono amati dal Padre, decide per amore di tacere e di lasciarsi crocifiggere. E proprio da questa conquista del cuore può sgorgare la rivoluzione che, per dirla con Maria, “rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili”.

E io che Messia attendo?

Non è banale chiederci oggi qual è il volto di Dio che noi abbiamo in mente e lasciarci convertire dal Vangelo ascoltato. Forse per tanto tempo per noi Dio è stato il Dio Giudice che vede ogni cosa ed è pronto a punirci. Oppure forse per noi Dio è il Dio distante che scrive a priori il cammino di ogni uomo non risparmiandoci la sofferenza.

Forse è il Dio da piegare a nostro favore con la nostra preghiera e la nostra buona condotta.

Il Dio di cui avere paura, da cui guardarsi per non soccombere. Il Dio da tenere buono.

Questo è un Dio troppo umano, troppo a immagine di noi stessi.

Oggi ci viene annunciato che Il nostro è il  Dio crocifisso, che raccoglie l’ultimo, che è solidarietà infinita con l’uomo crocifisso, anche con i miei dubbi e le mie paure, soprattutto con le mie ferite per renderle feritoie di luce con il suo perdono e il suo amore.

Convertirsi a questo Vangelo non è facile così come non lo è stato per Pietro e per gli altri discepoli. Perché è molto più facile avere una legge e obbedire piuttosto che lasciarsi avvincere nella propria libertà da Gesù ed essere docili. È molto più facile immaginare una rivoluzione e prendere in mano le armi e sovvertire il potere dei forti piuttosto che abitare dal di dentro le situazioni difficili e amare fino a dare la vita. È molto più facile tracciare una linea e dividere il mondo in buoni e cattivi piuttosto che amare anche chi non lo merita e per lui dare la vita come unica possibilità per il suo riscatto.

Concludo soffermandomi sulla Parola di Paolo. Anche lui, ad un certo punto della sua vita, ha incontrato il crocifisso risorto ed ha dovuto ribaltare la sua idea di Dio. Ha trovato sulla sua strada un Signore che fa della debolezza la sua forza e lo ha avvinto per sempre rendendolo testimone instancabile, randagio per il mondo con un Vangelo da annunciare per la gioia di ogni uomo. E Paolo risponde in modo tutto suo alla domanda su chi è Gesù per lui. Sarebbe bello se anche noi questa settimana rispondessimo alla stessa domanda.

Gesù, ogni giorno ho bisogno di capire chi sei per me. Ti ho conosciuto come molti di noi fin da ragazzo ma ti ho scoperto un giorno Messia piccolo e povero, ferito perché così io potessi avvicinarmi a te con le mie ferite e lasciarmi guarire. E da allora ti cerco ogni giorno in ogni fratello povero, la cui vita è spezzata e ti trovo in effetti accanto a lui, pronto a fasciare le sue piaghe.

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