domenica 9 giugno 2013

terza domenica di Pentecoste

Il lezionario ambrosiano, evidentemente, nel ciclo festivo, non segue la lettura continua di un Vangelo ma piuttosto sceglie dei temi e li propone alla nostra meditazione. In queste domeniche dopo Pentecoste stiamo ripercorrendo, con lo stile di una scorribanda, la Storia della Salvezza o, in altre parole, stiamo osservando come lo Spirito da sempre intesse la trama di comunione fra Dio e l’uomo. E la ricaduta spirituale è triplice:

1 accorgiti che Dio è all’opera sempre sporcandosi le mani con la nostra storia, accettando la sfida del tempo, scegliendo di essere partner affidabile della sua creatura. Il cuore che lo ricerca come terra assetata lo può trovare vicino, molto vicino…basta indossare le lenti giuste.
2 accorgiti che il tuo tempo è benedetto, è prezioso perché è occasione di Grazia. Non maledire nemmeno uno dei tuoi giorni, non considerarlo nemmeno come una pagina vuota di un’agenda da riempire. Oggi è il giorno più bello della mia vita perché, nel silenzio della preghiera, nell’incontro con l’altro, tuffandomi nella profondità del mio cuore, posso scorgere l’architettura promettente di un Signore buono che rende la mia vita un progetto di felicità
3 accorgiti che lo Spirito chiede anche a te di essere con Dio protagonista della storia della salvezza. Dai tuoi sì ne dipenderanno molti altri, i tuoi no sono porte sbarrate al mistero di un Regno che chiede di incarnarsi per l’oggi.

E se settimana scorsa la Parola aveva messo a fuoco il tema della Creazione, quest’oggi siamo invitati a riflettere sul binomio peccato-salvezza proprio da quella pagina paradigmatica che è Genesi 3.
Dio ha creato l’uomo e lo ha posto nel Giardino. La comunione è intensa, ogni sera cerca l’uomo e la donna per farsi loro compagno di strada, il dialogo è serrato, la prospettiva è identica. Ma l’uomo ha scelto questa comunione? Forse questo dubbio attanaglia la mente di Dio. Lui vuole essere amato per quello che è e non per quello che dà, vuole essere scelto e non accettato, vuole la libertà della sua creatura perché non è un idolo e non vuole che a lui si immoli il cuore o l’intelligenza dell’uomo. Ecco il perché di un comando: per suscitare libertà. È la scelta di una pedagogia sottilissima, è una scelta di un azzardo incomparabile. Sappiamo bene come è andata. L’uomo non si è fidato, si è ripiegato su di sé, si è lasciato prendere dalla tentazione di vedere in Dio un nemico, un concorrente, sceglie l’autonomia e la solitudine, preferisce tagliare i ponti con il cielo con l’illusione di spianare una strada più lunga sulla terra. Ma senza la guida delle stelle qualsiasi strada può rivelarsi insidiosa e non conduce da nessuna parte. Il peccato, anche il nostro, prima di essere una questione morale di un male agito contro noi stessi o qualcun altro, è l’occasione mancata, è aver imboccato un vicolo cieco, è aver chiuso il cuore alla nostra identità di creature, è aver smesso di dar voce all’eco della presenza di Dio nella nostra vita.  
E così l’uomo si accorge di essere nudo, prende le misure della sua finitezza, l’essere creatura diventa un ostacolo. Smette di amarsi. E prova vergogna di chi ha accanto e di se stesso. Inizia a guardarsi con sospetto.
Ma soprattutto ha paura di Dio. lo avverte come un nemico da cui nascondersi e fuggire
E infine si scatena una reazione a catena di paradossale deresponsabilizzazione. L’uomo che dimentica Dio dimentica anche il suo compito, si ritrova con una libertà svilita e annichilita…la colpa è sempre di qualcun altro. in effetti il primo passo verso la conversione è sempre prendere coscienza che il male dipende da mee da nessun altro.

Eppure la Parola di oggi non si chiude qui. Perché, qualche versetto oltre, si racconta che Dio confeziona per l’uomo e la donna delle tuniche. Sono il segno che non li abbandonerà e la sua premura per loro non verrà mai meno. La loro uscita dal Paradiso segna il punto di partenza della sua corsa per ricostruire una relazione, per riprendere il sentiero dell’alleanza. Dio è un nostalgico della comunione e si fa cocciuto e non si dà pace finché l’uomo non torna ad arrendersi a lui senza altre scorciatoie. Per questo sceglie di esserci (IHWH, il suo nome, è proprio la declinazione del verbo essere al passato, al presente e al futuro), per questo si farà Emmanuele, Dio-con-noi, un Dio-che-sta. Gesù non avrà paura a scendere nei fossati dove la storia si fa tanfo, non teme di calcare i prosceni molto prosaici della vita dei peccatori, non teme di farsi loro compagno, e soprattutto dà la sua vita per loro proprio perché, di fronte ad un amore così, l’uomo possa smettere di avere paura di Dio e possa scegliere di lasciarsi abbracciare.

Un’ultima nota, come una conclusione. Questo sogno di Dio ha preso forma perché un uomo ha scelto di farlo suo. I sogni dei giusti correggono il tiro della storia di peccato, anticipano le coordinate del Regno. Andiamo alla ricerca dei profeti per metterci in ascolto dei loro sogni. Diamo spazio ai nostri sogni più autentici per essere una caparra di un mondo dove l’alleanza fra il cielo e la terra segna l’inizio di un mondo nuovo.

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