domenica 3 ottobre 2010

V domenica dopo il Martirio del precursore - festa dell'oratorio Berni e Bono

So che con questa celebrazione, cuore della festa di apertura dell’anno oratoriano, inizio ufficialmente il mio mandato fra voi. Sono molto emozionato anche solo all’idea che, poco lontano da quella che fino ad ora è stata la mia unica casa, c’è una comunità in cui sono chiamato a muovere i miei primi passi. Mi emoziona di più l’onore di servirvi come mi spaventa la grandezza del campo d’azione. Parto dalla certezza che non voglio camminare dietro di voi: mi perderei in un vicolo cieco, forse un sentiero troppo mio; non ho la pretesa di stare davanti, sono ancora troppo inesperto e poi rischierei di nascondere il volto e la voce di chi realmente ci guida; voglio stare in mezzo a voi perché quelle che sono le vostre attese diventino anche le mie e così le vostre gioie e i vostri dolori per fissare l’orizzonte e prendere in mano la bussola per orientarci in obbedienza al Signore.

All’inizio della mia vita di prete ho voluto raccogliere ogni convinzione in una frase rubata a I corinti in cui Dio dice a Paolo: “ti basta la mia Grazia, la mia potenza si manifesta pienamente nella debolezza”…perché è davvero così: anche le mie debolezze sono diventate, e sarà ancora così, occasione perché Dio racconti la sua Misericordia.

Che cosa sognava Gesù per la sua Chiesa, per questa comunità di uomini e di donne chiamati a testimoniare la storia della salvezza che continua a scorrere nelle vene della nostra storia. È questa la domanda attorno a cui ruota la Liturgia della Parola in questo scorcio dell’anno liturgico.

Se preferite provo a dirlo con un’immagine: queste domeniche ci invitano ad ascoltare una Parola che è come un disegno originario a cui bisogna continuamente ritornare perché questa casa che è la Chiesa possa crescere bene, senza stanze troppo anguste o buie, senza sproporzioni ma bella, aperta, luminosa e accogliente.

Isaia, con la sua voce profetica, racconta di un Dio che chiede fedeltà alla sua Legge e che promette a chi gli è fedele, indipendentemente dalla sua origine e condizione di vita, di accoglierlo nella sua eredità. Il rispetto dell’Alleanza, stare con fedeltà al patto d’amore stretto fra Dio e Israele sono come un fondamento perché la casa possa essere realmente aperta e accogliente verso tutti quelli che desiderano entrarvi.

Paolo, fissando lo sguardo sulla comunità di Roma, chiede ai suoi di essere accoglienti gli uni verso gli altri, di più, di sentire per l’altro quello che Cristo stesso prova. È una Chiesa, quella che tratteggia questa lettera, in cui si respira l’amore che si fa perdono, servizio umile, dono totale in pura perdita di sé stessi.

E poi il Vangelo tira le somme su tutto. È un brano tratto dai primissimi discorsi di Gesù ai suoi, in Luca chiamato il discorso della pianura. La perfezione sta nell’essere Misericordiosi come è il Padre e da qui, come per cerchi concentrici, le parole diventano esempi di carità concreta, esagerata. La Chiesa che Gesù sogna custodisce nel suo cuore il fuoco dell’amore del Padre e cerca con creatività di mostrarne il volto. I cristiani devono, prima che emergere con i loro progetti e le loro ambizioni, lasciarsi sommergere dalla Misericordia, devono portare sulla loro pelle i segni della Grazia, devono conoscere per comprendere chi anzitutto sono la grammatica di un Signore buono. E poi allora si deve amare chi non ci ama, perdonare chi ci ha offeso e questo è un Vangelo che va ben oltre la Legge e dice la tenerezza di un Dio che si getta alle spalle i nostri peccati; non rispondere con violenza a chi ci fa del male e così si predica non a parole ma con i fatti un Signore che si è consegnato e si è ritratto per fare spazio alla nostra libertà; non giudicare mai nessuno è uno stile che annuncia un Dio che non ci tiene crocifissi ai nostri errori, che non mette sui nostri volti la maschera di quello che noi abbiamo fatto ma che sa che noi valiamo e siamo preziosi perché suoi figli.

Vorrei allora trarre due conclusioni.

La prima la dedico ai genitori del bambino che riceverà fra poco il Battesimo. Siete davvero sicuri di voler donare questa fede a vostro figlio? È altamente pericoloso, è un’avventura di grande respiro, è un cammino tutto in salita che lo porterà su sentieri poco battuti. Ma è anche una promessa di felicità perché una vita spesa in questo progetto che oggi Gesù ci consegna è davvero riscattata dalla banalità.

E poi quali punti possiamo fissare per il nostro oratorio dopo aver ascoltato una Parola così?

1 dobbiamo costruire un oratorio in cui Gesù sia il cuore ardente. A lui si deve arrivare in ogni percorso, da lui si deve partire per progettare ogni cammino. I nostri ragazzi e i nostri giovani sono assetati di parole autentiche e non accolgono le mezze misure. Abbiamo il dovere di mostrare il volto di un amore che non si risparmia.

2 un oratorio in cui la vita comune sia la meta, a partire dall’aggregazione. Una comunità in cui ci si ama così, ci si accoglie per quello che si è e si può gettare via ogni maschera, in cui il fratello sia il sorriso di Dio per noi ogni giorno.

3 un oratorio dal muretto basso, aperto sia per entrare perché ogni giovane del nostro quartiere ha il diritto di sentirsi raccontare l’amore che Dio ha per lui e tutta la stima che ha nei suoi confronti – ed è questo il principio di riscatto per tutti quelli che la vita ha ferito – sia anche per uscire perché le nostre strade si colorino di questa buona notizia e il nostro quartiere sia un angolo di mondo più simile al Paradiso.

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