domenica 15 marzo 2009

terza di quaresima

Prima di addentrarmi con voi nelle pagine della Scrittura che abbiamo ascoltato, vorrei sottolineare la coincidenza cercata fra questa domenica di quaresima e l’open-day del nostro oratorio.
Quella di oggi non è una festa ma un darci appuntamento in oratorio per mostrare come, attraverso lo sforzo di tanti, sia possibile educare nel solco del Vangelo e della tradizione della Chiesa i ragazzi e i nostri giovani.
L’oratorio non è tanto un recinto a cui appartenere: sarebbe limitativo! Non è un’accozzaglia di iniziative per tenere il più possibile i giovani vicini: sarebbe asfissiante! È un intreccio di percorsi che partono da Gesù, che è Verità, il segreto della felicità di ogni uomo, e a lui ritornano.
Abbiamo letto oggi che la Verità ci farà liberi: Verità e Libertà sono come due grandi orizzonti da cui rispettivamente partire e arrivare nell’educazione di un giovane. La Verità è la luce del Vangelo, è la certezza che Dio ci ama, è la convinzione profonda che ai suoi occhi noi siamo importanti e unici e che ci ha creati preziosi come gli angeli; Libertà è costruire la vita in un progetto definitivo inseguendo la propria vocazione.
I giovani ricercano la Verità, ne sono assetati, non sopportano le mezze misure o le tinte stemperate dei nostri ideali mutili. I giovani sognano la Libertà, quella vera, che è fare della propria vita un capolavoro. Ma nessuno di loro potrà farlo senza un adulto al loro fianco. Smettiamo il pregiudizio verso i giovani e abbattiamo, se esistono, i muri di separazione che li abbandonano nell’anonimato! Il peccato di omissione, a livello educativo, penso sia fra i più frequenti! Smettiamo la separazione rigida fra parrocchia e oratorio quasi che gli ambiti di pastorale siano dei compartimenti stagno! Se ci siamo decisi per Cristo non possiamo non essere testimoni gioiosi, contagiosi di Vangelo! In oratorio c’è bisogno di tutti o almeno, ed è la cosa più importante, della preghiera di tutti!
Ed eccoci ora al percorso quaresimale che ci fa compiere un’altra sosta, la terza, in questa domenica. Ad ogni tappa siamo invitati a riprendere coraggiosamente in mano la nostra vita e a confrontarla con il Vangelo per modellarla con scelte radicali ed autentiche, per non smarrire in noi i tratti di figli di Dio che il Battesimo ci ha donato. La Quaresima bandisce ogni disfattismo: finché ci è dato tempo, dobbiamo strapparlo alla banalità delle mezze misure! Nessuno può alzare le mani in segno di resa e dire che non è più possibile cambiarsi e cambiare la realtà attorno a sé! La Quaresima è una sfida lanciata alla nostra libertà, è una scommessa sulle nostre capacità di avanzare sul cammino in salita della santità. E se domenica scorsa abbiamo riflettuto sulla purificazione della memoria per accogliere la Verità di Dio e a lui orientare il nostro spirito, oggi siamo invitati a purificare le nostre opere, a ricollocarle in sintonia con la nostra fede, bandendo ogni ipocrisia.
Quell’ipocrisia d’Israele che aveva acceso d’ira Dio nei giorni del Sinai: avevano toccato con mano la forza liberatrice del Signore, nel deserto non era mancato loro il necessario per camminare, attendevano la rivelazione della Legge, di quella Verità che ci rende responsabili, e si erano fabbricati un idolo con le loro mani perché la relazione con Dio aveva tratti esigenti, avevano scelto l’autonomia irresponsabile. Ma Dio alla sua Alleanza non è venuto meno.
Paolo ci racconta oggi delle sue fatiche perché la sua comunità rimanga salda nella fede che lui ha predicato. E questa saldezza si deve manifestare non tanto in vuoti raggiri ma in opere coerenti di carità.
Nel Vangelo di oggi Gesù obbliga con pacata fermezza coloro che avevano creduto in lui a smascherarsi e a venire alla luce per quello che in realtà erano. Non importa dichiararsi figli di Dio o di Abramo e poi, con le opere, contraddirsi. Ci deve essere coesione fra il dire e il fare, fra la fede e le opere, fra i principi e l’essere.
La quaresima ci obbliga oggi a interrogarci su tutto questo, a prendere seriamente in mano il nostro quotidiano e a chiederci anzitutto che ne è del nostro vissuto. Nella vita, alla lunga, in effetti, ti ritrovi o a piegare la teoria ai gesti di ogni giorno oppure a deciderti di convertire le tue opere in nome di un ideale che ti ha rapito il cuore. Ma a volte ci piace mentire a noi stessi e agli altri e allora ci mettiamo una maschera sul volto, diventiamo cioè ipocriti, e neghiamo che abbiamo stemperato la forza dei nostri sogni, l’ideale senza riserve del Vangelo accolto in un momento indimenticabile della nostra vita. Mettiamoci nella luce del Vangelo e lasciamoci anche noi smascherare senza riserve: la nostra fede si misura con il termometro delle nostre opere, dei nostri sentimenti, delle nostre scelte concrete in ogni campo.
La Verità che è Gesù ci ridoni il coraggio di una Libertà che si decide per l’amore e non per meno di questo.
Siano benedetti tutti quei fratelli che incontriamo lungo il cammino della nostra vita che, con la correzione fraterna, ci hanno richiamato alla coerenza. Nelle loro parole, a volte dure, c’è stata data la possibilità di convertirci e risalire dal fondo delle nostre ipocrisie.

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