
Mi piace pensare alle letture di oggi come ad un dittico: da una parte il Vangelo con la Promessa che Gesù fa dello Spirito ai suoi discepoli insieme alla certezza della persecuzione e della sofferenza a motivo del suo nome. E dall’altra parte, come un’esemplificazione, come una prova che le parole di Gesù si sono compiute a suo tempo, le due letture in cui Paolo deve difendere la sua fede contro i suoi connazionali di fronte al re Erode Agrippa e poi contro quei Corinzi che, dopo la sua partenza, avevano iniziato a dubitare della sua attendibilità come apostolo.
E allora con voi, quest’oggi, desidero osservare quest’opera soffermandomi sul primo e poi sul secondo quadro. Vorrei infine aggiungerne un terzo parlando di noi e della lotta che anche noi dobbiamo sostenere per essere credenti.
Anzitutto allora il brano di Vangelo. Dicevamo che ci sono due promesse legate fra di loro: verrà lo Spirito, e anche noi ne sentiamo il presagio avvicinandosi il grande giorno della Pentecoste, l’ultimo della Festa. Lo Spirito darà testimonianza a Gesù in noi, ci ricorderà le sue parole, cioè sarà nostro maestro interiore e ricomporrà, come l’abile mano di un pittore, l’armonia dei colori della fede fra di loro. Ci farà sentire come credibile e meritevole di fiducia l’accadimento della Risurrezione del Crocifisso. Ci farà vibrare alla luce della paradossale verità delle parole di Gesù. Ci aiuterà ad abbandonarci al Padre e a fare di lui, come Gesù ci ha insegnato, il segreto dei nostri fragili giorni e per questo ci riempirà di speranza eterna. Ci prenderà per mano e ci aiuterà ad amare fino alla fine, a stare completamente fuori di noi, rivolti a braccia aperte verso ogni fratello proprio come Gesù. Lo Spirito, insomma, traccerà sul nostro volto i lineamenti stessi di Gesù e ognuno, a modo suo, ne riproporrà qui e ora la sua immagine. Ma lo stesso Spirito ci sarà compagno nella testimonianza che sgorgherà dal nostro cuore come un fiume irrefrenabile. E se sei decisamente di Cristo andrai incontro all’accusa, alla persecuzione, alla croce perché il mondo da sempre, dai tempi del Giardino, preferisce altre parole, altri modelli, non lasciarsi avvicinare da questo Dio che è amore e per questo esigente nella relazione. La cosa più commovente è pensare che queste righe, ambientate nel cenacolo prima della Passione, con i discepoli in preda alla paura e allo smarrimento, sono state scritte a distanza di qualche decennio quando ormai la maggior parte di loro aveva già donato la sua vita sostenendo, pieni di Spirito, la lotta per il Vangelo.
Spostiamo ora lo sguardo e contempliamo la seconda parte del dittico. Il protagonista è Paolo. Oggi ci apre il suo cuore raccontandoci qualcosa di inatteso che è accaduto nella sua vita e che lo ha trasformato nel profondo squarciandogli prospettive inattese. L’accadimento è proprio l’incontro con il Risorto sula via di Damasco. Quel nome che lui perseguitava, quella notizia della risurrezione di un uomo che, a suo avviso, si stava diffondendo come una pericolosa bugia fra la sua gente, la fede in un Messia Figlio di Dio crocifisso, che aveva tutti le fattezze di una bestemmia, Gesù ora gli si è fatto accanto, si è lasciato incontrare, ha fatto irruzione nelle sue ostinate pretese e gli ha consegnato una nuova vocazione, la testimonianza a tutte le genti del Vangelo che salva. E poco importa della sua debolezza: ciò che conta è la potenza di Cristo che fa sgorgare dalla roccia più arida sorgenti freschissime. Per amore di Gesù ora lui è capace di abbracciare anche la croce. Lo Spirito gli fa da compagno in una vita che, definire avventurosa, è poco!
E ora permettermi di aggiungere un altro quadro, la nostra vita. La prima cosa che vorrei tratteggiare è il fondamento di tutto. Se vuoi essere testimone di Gesù devi anche tu lasciarti rapire dallo Spirito, devi anche tu farti trovare da Cristo e iniziare ad amarlo alla follia. Altrimenti, ogni impegno di testimonianza diventa sterile moralismo. Se non hai negli occhi la luce di chi ha incontrato il Cristo, se non palpiti di gioia, se non bruci nella fiamma d’amore dello Spirito poca importa dirsi credenti. Ma questa non è un’avventura da poco. Infatti anche oggi il mondo si opporrà alla tua gioia con la sua logica, a volte apertamente in contrasto con la fede, ma molto più spesso con convinzioni subdole e calcoli raffinati e per questo affascinanti. E penso a chi fra noi, in nome della fede, sul posto di lavoro o a scuola deve sostenere battaglie, perché non si china al compromesso. Penso a chi è per la vita, per la famiglia, per l’oggettività dei valori e si trova schiacciato nella morsa del relativismo. Penso a chi fa scelte di carità e non molla la presa anche se gli altri lo giudicano folle. Penso a chi fa della logica dell’accoglienza dei più deboli e degli stranieri, scritta a chiare lettere sulle pagine del Vangelo, un motivo di vita e non si fa piegare dalla paura dello straniero e non tace di fronte alle ingiustizie, anche se a compierle è uno Stato che si dichiara di diritto e magari finge di ispirarsi alle radici cristiane.
Coraggio! Come ci dice la Parola, come ci ricorda l’esempio di Paolo, per dare frutto si deve soffrire, morire come un seme. Per provare l’oro si usa il fuoco. E se alla fine avremo resistito, beati noi!
Il pensiero infine va a questi bambini che ricevono oggi la prima comunione. Anche per loro c’è un sentiero tracciato fatto di amore per Gesù, dopo che lui avrà riempito del suo amore il loro cuore, e di testimonianza. Siamo disposti ad accompagnarli? Siamo disposti a raccontare tutta la verità e fargli percorrere il sentiero in salita della fede? Perché di cristiani dalle mezze misure non sappiamo che farne, perché proprio per una posta in gioco così alta li abbiamo portati qui sull’altare.
E allora con voi, quest’oggi, desidero osservare quest’opera soffermandomi sul primo e poi sul secondo quadro. Vorrei infine aggiungerne un terzo parlando di noi e della lotta che anche noi dobbiamo sostenere per essere credenti.
Anzitutto allora il brano di Vangelo. Dicevamo che ci sono due promesse legate fra di loro: verrà lo Spirito, e anche noi ne sentiamo il presagio avvicinandosi il grande giorno della Pentecoste, l’ultimo della Festa. Lo Spirito darà testimonianza a Gesù in noi, ci ricorderà le sue parole, cioè sarà nostro maestro interiore e ricomporrà, come l’abile mano di un pittore, l’armonia dei colori della fede fra di loro. Ci farà sentire come credibile e meritevole di fiducia l’accadimento della Risurrezione del Crocifisso. Ci farà vibrare alla luce della paradossale verità delle parole di Gesù. Ci aiuterà ad abbandonarci al Padre e a fare di lui, come Gesù ci ha insegnato, il segreto dei nostri fragili giorni e per questo ci riempirà di speranza eterna. Ci prenderà per mano e ci aiuterà ad amare fino alla fine, a stare completamente fuori di noi, rivolti a braccia aperte verso ogni fratello proprio come Gesù. Lo Spirito, insomma, traccerà sul nostro volto i lineamenti stessi di Gesù e ognuno, a modo suo, ne riproporrà qui e ora la sua immagine. Ma lo stesso Spirito ci sarà compagno nella testimonianza che sgorgherà dal nostro cuore come un fiume irrefrenabile. E se sei decisamente di Cristo andrai incontro all’accusa, alla persecuzione, alla croce perché il mondo da sempre, dai tempi del Giardino, preferisce altre parole, altri modelli, non lasciarsi avvicinare da questo Dio che è amore e per questo esigente nella relazione. La cosa più commovente è pensare che queste righe, ambientate nel cenacolo prima della Passione, con i discepoli in preda alla paura e allo smarrimento, sono state scritte a distanza di qualche decennio quando ormai la maggior parte di loro aveva già donato la sua vita sostenendo, pieni di Spirito, la lotta per il Vangelo.
Spostiamo ora lo sguardo e contempliamo la seconda parte del dittico. Il protagonista è Paolo. Oggi ci apre il suo cuore raccontandoci qualcosa di inatteso che è accaduto nella sua vita e che lo ha trasformato nel profondo squarciandogli prospettive inattese. L’accadimento è proprio l’incontro con il Risorto sula via di Damasco. Quel nome che lui perseguitava, quella notizia della risurrezione di un uomo che, a suo avviso, si stava diffondendo come una pericolosa bugia fra la sua gente, la fede in un Messia Figlio di Dio crocifisso, che aveva tutti le fattezze di una bestemmia, Gesù ora gli si è fatto accanto, si è lasciato incontrare, ha fatto irruzione nelle sue ostinate pretese e gli ha consegnato una nuova vocazione, la testimonianza a tutte le genti del Vangelo che salva. E poco importa della sua debolezza: ciò che conta è la potenza di Cristo che fa sgorgare dalla roccia più arida sorgenti freschissime. Per amore di Gesù ora lui è capace di abbracciare anche la croce. Lo Spirito gli fa da compagno in una vita che, definire avventurosa, è poco!
E ora permettermi di aggiungere un altro quadro, la nostra vita. La prima cosa che vorrei tratteggiare è il fondamento di tutto. Se vuoi essere testimone di Gesù devi anche tu lasciarti rapire dallo Spirito, devi anche tu farti trovare da Cristo e iniziare ad amarlo alla follia. Altrimenti, ogni impegno di testimonianza diventa sterile moralismo. Se non hai negli occhi la luce di chi ha incontrato il Cristo, se non palpiti di gioia, se non bruci nella fiamma d’amore dello Spirito poca importa dirsi credenti. Ma questa non è un’avventura da poco. Infatti anche oggi il mondo si opporrà alla tua gioia con la sua logica, a volte apertamente in contrasto con la fede, ma molto più spesso con convinzioni subdole e calcoli raffinati e per questo affascinanti. E penso a chi fra noi, in nome della fede, sul posto di lavoro o a scuola deve sostenere battaglie, perché non si china al compromesso. Penso a chi è per la vita, per la famiglia, per l’oggettività dei valori e si trova schiacciato nella morsa del relativismo. Penso a chi fa scelte di carità e non molla la presa anche se gli altri lo giudicano folle. Penso a chi fa della logica dell’accoglienza dei più deboli e degli stranieri, scritta a chiare lettere sulle pagine del Vangelo, un motivo di vita e non si fa piegare dalla paura dello straniero e non tace di fronte alle ingiustizie, anche se a compierle è uno Stato che si dichiara di diritto e magari finge di ispirarsi alle radici cristiane.
Coraggio! Come ci dice la Parola, come ci ricorda l’esempio di Paolo, per dare frutto si deve soffrire, morire come un seme. Per provare l’oro si usa il fuoco. E se alla fine avremo resistito, beati noi!
Il pensiero infine va a questi bambini che ricevono oggi la prima comunione. Anche per loro c’è un sentiero tracciato fatto di amore per Gesù, dopo che lui avrà riempito del suo amore il loro cuore, e di testimonianza. Siamo disposti ad accompagnarli? Siamo disposti a raccontare tutta la verità e fargli percorrere il sentiero in salita della fede? Perché di cristiani dalle mezze misure non sappiamo che farne, perché proprio per una posta in gioco così alta li abbiamo portati qui sull’altare.
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