1 come ci ricordavamo settimana scorsa, il Lezionario di queste settimane dopo l’Epifania mette a tema il progressivo rivelarsi di Gesù come il Messia e Figlio di Dio al suo popolo. Gesù passava per villaggi e città, predicava annunciando che il Regno si è fatto vicino all’uomo e che bisogna cambiare prospettiva, mentalità, convertirsi appunto, per accoglierlo; la sua predicazione lasciava stupiti perché all’autorità sapeva coniugare semplicità: ognuno con la sua vita poteva comprendere e mettersi in cammino dietro a lui per conoscere la Verità tutta intera. La Verità infatti non è un principio dogmatico che si comprende una volta per tutte, ma si raggiunge in un cammino e con il tempo necessario, è una conquista quotidiana frutto di un dono dall’alto e di un’accoglienza libera che chiede sempre di essere compresa. E poi, alla parola, Gesù univa sempre dei segni: benevolenza, accoglienza, perdono, guarigione; gesti simbolici, non risolutivi, che raccontavano la premura di un Dio che ci è Padre e che ha a cuore ognuno dei suoi figli. Il segno della moltiplicazione dei pani va inteso dunque in questo quadro d’insieme.
Ma in questa introduzione all’omelia di oggi vanno ricordate, per poi essere poste come intenzioni di preghiera, due tematiche che la Chiesa, e la nostra di Milano in particolare, sottolinea: l’unità dei cristiani e l’educazione. La comunione anche visibile fra quelli che credono in Cristo e che sono uniti da un unico battesimo non è un miraggio o una meta irraggiungibile ma un segno profetico da mettere in atto con coraggio in un mondo assetato di pace e di stabilità. Non è nemmeno un compito semplicemente demandabile alle autorità delle varie confessioni cristiane perché l’unità nasce da piccoli gesti concreti di accoglienza reciproca anche all’interno delle nostre parrocchie o del nostro quartiere. E poi il tema dell’educazione. Le corde da pizzicare per far risuonare questo tema potrebbero essere molte. Mi limito solo a dire che si parla di emergenza, o di urgenza educativa, anche a livello di Chiesa italiana e sarà così per il prossimo decennio perché ne va del nostro futuro. Se dovessi essere polemico mi chiedo in effetti a chi sta a cuore il nostro futuro perché stiamo vivendo un tempo in cui ognuno è ripiegato sulla propria pancia, sull’imminente e si preferisce abdicare alla lotta almeno che non sia un gioco un interesse personale. Per noi non può essere così: dobbiamo prenderci cura delle nuove generazioni, essere per loro come un puntello stabile nella roccia a cui potersi aggrappare saldamente. Serve presenza, serve mettersi in gioco, bisogna lottare contro la sfiducia, serve investire gratuitamente, serve una profonda spiritualità perché il compito dell’educare è forse quello che ti rende in assoluto più simile a Dio, il grande educatore.
2 il segno del Pane.
La scena è così ben descritta da Luca che non servono molte didascalie. Gesù si prende cura della sua gente fino in fondo, con una Parola capace di aprire prospettive nuove, con la guarigione dei malati e poi spezzando il Pane per tutti perché non venissero meno lungo la strada: non solo parole dunque ma fatti concreti, non solo pane ma anche una parola capace di nutrire il cuore. E nelle mani dei discepoli incerti crescono questi pani a dismisura, segno di un’abbondanza e di una gratuità infinita. Gesù è all’opera così, è un Signore così: ha una premura che si spezza, che si moltiplica, e quando scorgiamo che così sono i suoi tratti nasce in noi la voglia di amarlo, seguirlo, metterci in gioco.
Quel pane è gesto di un’attenzione che continua ed è anche per noi.
Il suo pane è la Parola che ascoltiamo di giorno in giorno, di domenica in domenica. La Parola nutre il cuore, spalanca orizzonti imprevedibili, al suo primato siamo chiamati a sottometterci se siamo assettati di felicità e di infinito. Nella Parola noi troviamo la mappa per camminare nella luce e per compiere scelte che hanno valore.
Il suo pane è ciò che ogni giorno ci viene dato e che Dio non ci fa mai mancare: se non lo vediamo è perché bisogna mettersi in una prospettiva diversa. Non è il di più, è il necessario. E questo basta per essere felici. Il pane quotidiano è per non smarrire la gioia, è per liberaci da quanto ci affanna e dalla voglia di potere, di apparire e di avere.
Il suo pane è la sua vita per noi e ci viene detto in ogni Eucaristia quando viene spezzato per tutti il Pane. Noi valiamo quanto la vita di Gesù, noi siamo preziosi ai suoi occhi, noi siamo per sempre figli amati, riconciliati, benedetti, accolti, saziati e Dio spezza tutto quanto calpesta la nostra dignità.
Il suo Pane è la comunità, sono i fratelli che abbiamo scelto o che ci troviamo accanto in ogni giorno della nostra vita. Se solo li guardassimo non frettolosamente come passanti, se smettessimo di considerarli a volte come un intralcio, come un impedimento ad andare più spediti ma, con le loro differenze, un dono che nutre la nostra vita e ci strappa dalla solitudine saremmo pieni di gioia.
3 E, da ultimo, ma non perché meno importante ma forse solo perché è l’esito di un cammino spirituale, vorrei sottolineare quanto Paolo oggi ci diceva anche in modo provocatorio. L a Carità: la cura dell’altro, non permettere che il fratello viva nell’indigenza e che la sua dignità sia offesa è attenzione peculiare e prioritaria di chi ha incontrato il Signore che si dona per ogni uomo. Dove c’è chi muore di fame e di stenti, chi non ha casa lavoro, chi non ha prospettive per la sua vita perché manca dei mezzi per raggiungerle è perché chi ha intorno è troppo preso da altro piuttosto che dal desiderio di offrire riscatto. C’è da chiedersi che ne è dell’annuncio del vangelo se dopo tanti secoli di cristianesimo c’è ancora tanta povertà e miseria. I cristiani hanno imparato una regola dal loro Maestro, strana per la matematica, ma che ha la sua efficacia: per moltiplicare bisogna dividere, condividere, fare a metà e in noi si moltiplica la gioia e si offre al fratello una possibilità nuova di vita. Non dimentichiamola!
Nessun commento:
Posta un commento