
Guardiamo a Maria, nostra speranza.
È bello oggi ritrovarci in preghiera accanto a lei, che è madre e sorella nostra.
Il mistero che celebriamo è molto semplice e radicato nella nostra fede da tanti secoli, anche se solo nel 1950 Pio XII lo ha reso dogma: non poteva restare nel sepolcro la Madre di Dio; chi portava in sé la Vita non poteva conoscere la corruzione della morte ed ora è in Cielo in anima e corpo. Oggi guardiamo a Maria come la Madre della Gloria, come la Regina degli Apostoli che fa festa in cielo. E questo sguardo su di lei è anche una speranza grande per noi: anche noi non siamo destinati alla morte, al buio, al silenzio ma alla Vita, alla luce, alla gioia della festa del Cielo. Dunque non celebriamo un privilegio di Maria ma anticipiamo un destino: la vita senza fine.
Ora vorrei però chiedermi di quale pasta è fatta la fede di Maria e cosa può dire anche alla nostra fede. Perché se il Paradiso è la meta comune, comune deve essere al suo anche il nostro cammino. Maria non è solo Madre della Chiesa ma anche Sorella di ognuno, pronta con le sue mani a raccoglierci dai nostri tanti sentieri e a indicarci le sue orme perché possiamo farle nostre.
Maria è stata Vergine fedele, la Vergine dell’ascolto.
Oggi la pagina della Parola la immortala nella gioia dell’incontro con Elisabetta. Maria aveva ascoltato l’annuncio dell’Angelo, aveva dato il suo sì nella gioia di sentirsi prediletta, amata, scelta, chiamata a partecipare all’orizzonte della salvezza per il suo popolo. E ora la gioia ha spinto i suoi passi e li ha resi agili sui monti della Giudea per raccontare lo straordinario nell’ordinario avvenuto in lei ad una donna che sola avrebbe potuto comprendere quell’accadimento: Elisabetta, sua parente, madre anche lei in modo del tutto straordinario, segno di un Dio che è Signore dell’impossibile. E davanti a lei si scioglie, come una danza, il cantico in cui Dio si rivela come colui che ribalta già qui e ora le sorti dei poveri e degli umili per innalzarli nella sua Grazia.
Maria, nel suo canto, si rivela donna dell’ascolto, capace di vedere nella sua vita avverata la Parola a lungo conosciuta e meditata. E anche a noi lei insegna che una fede vera non può prescindere dall’ascolto della Parola. La vera preghiera a un certo punto è tacere, consegnarsi a Dio e ascoltare la sua Parola. La Parola si fa grammatica per la nostra vita, è l’indice che scorre sotto i risvolti di ogni palpito della nostra esistenza per interpretarli e dare ad essi un senso, un orizzonte, un perché. Nell’ascolto sta la chiamata a non perdere nemmeno un attimo della nostra vita e a darle forma nella vocazione all’amore. Mi piace però pensare che Maria non abbia ascoltato solo le parole del Libro ma anche sia stata capace di mettersi in ascolto ed interpretare le pagine aperte della vita della sua gente in cui si ritrova la presenza di Dio. Anzi, Maria, perché ascoltava il suo Signore, era capace di ascoltare e farsi accogliente verso il grido della gente che le stava accanto. Maria non era indifferente al grido dei poveri, alla sofferenza della sua gente schiacciata dal Potere dei grandi di questo mondo, non le era estraneo il desiderio di vedere l’alba di un’era nuova, quella del Messia. Mi piace pensare che questa passione per l’ascolto Maria l’abbia insegnata anche a Gesù che aveva una Parola capace di illuminare il cuore come un lampo nel cuore della notte proprio perché prima era capace di fermarsi in ascolto del Padre suo e della sua gente.
Maria però, nella sua vita. è stata anche Madre del dolore, sa bene cosa sia il buio della fede e la notte dello Spirito e anche il dramma della croce, della morte e della tentazione della disperazione. Maria ha dovuto presto abituarsi al fatto che la fede non è fatta solo di slanci, di festa e di consolazioni ma anche di fedeltà rosicata giorno dopo giorno, di salti nel buio, di deserti lunghi e silenziosi in cui Dio sembra non esserci o che non voglia rivelarsi. Maria poi sa cosa significa il Male che si avventa sul Bene e sembra consumarlo, distruggerlo, annientarlo. Maria sa cos’è la notte della disperazione e sa che Dio però non lascia troppo brancolare nel buio i suoi figli perché altrimenti si perderebbero. E così Maria ci insegna che se nel cammino della nostra fede anche noi incontriamo l’ostacolo, la paura, la tenebra, se anche noi non vediamo oltre la croce di ogni giorno o non sentiamo più la voce di Dio non siamo sulla cattiva strada ma stiamo percorrendo il deserto che è solo la tappa intermedia alla gioia, quella vera. La sua mano stretta alla nostra, se anche noi siamo nel dolore, ci fa sentire che, come lei per Grazia, ce l’ha fatta a sfidare la vita e a vincere la battaglia, anche a noi Dio non nasconderà a lungo il suo volto e capiremo che il dolore non arriva mai inutile ma come un crogiuolo in cui il nostro cuore viene provato con il fuoco per purificarsi. Se vogliamo anche noi attraccare e gettare l’ancora della nostra vita in Cielo, per arrivare alle stelle, non possiamo non passare dalla strettoia aspra del cammino della vita. Per aspera ad astra dicevano gli antichi. La festa di oggi guarisce il nostro sguardo miope e lo allunga oltre l’orizzonte della sofferenza del presente: il Dio che abbiamo incontrato nell’ascolto non ci abbandona nell’ora del dolore e ci attende nel suo abbraccio.
È bello oggi ritrovarci in preghiera accanto a lei, che è madre e sorella nostra.
Il mistero che celebriamo è molto semplice e radicato nella nostra fede da tanti secoli, anche se solo nel 1950 Pio XII lo ha reso dogma: non poteva restare nel sepolcro la Madre di Dio; chi portava in sé la Vita non poteva conoscere la corruzione della morte ed ora è in Cielo in anima e corpo. Oggi guardiamo a Maria come la Madre della Gloria, come la Regina degli Apostoli che fa festa in cielo. E questo sguardo su di lei è anche una speranza grande per noi: anche noi non siamo destinati alla morte, al buio, al silenzio ma alla Vita, alla luce, alla gioia della festa del Cielo. Dunque non celebriamo un privilegio di Maria ma anticipiamo un destino: la vita senza fine.
Ora vorrei però chiedermi di quale pasta è fatta la fede di Maria e cosa può dire anche alla nostra fede. Perché se il Paradiso è la meta comune, comune deve essere al suo anche il nostro cammino. Maria non è solo Madre della Chiesa ma anche Sorella di ognuno, pronta con le sue mani a raccoglierci dai nostri tanti sentieri e a indicarci le sue orme perché possiamo farle nostre.
Maria è stata Vergine fedele, la Vergine dell’ascolto.
Oggi la pagina della Parola la immortala nella gioia dell’incontro con Elisabetta. Maria aveva ascoltato l’annuncio dell’Angelo, aveva dato il suo sì nella gioia di sentirsi prediletta, amata, scelta, chiamata a partecipare all’orizzonte della salvezza per il suo popolo. E ora la gioia ha spinto i suoi passi e li ha resi agili sui monti della Giudea per raccontare lo straordinario nell’ordinario avvenuto in lei ad una donna che sola avrebbe potuto comprendere quell’accadimento: Elisabetta, sua parente, madre anche lei in modo del tutto straordinario, segno di un Dio che è Signore dell’impossibile. E davanti a lei si scioglie, come una danza, il cantico in cui Dio si rivela come colui che ribalta già qui e ora le sorti dei poveri e degli umili per innalzarli nella sua Grazia.
Maria, nel suo canto, si rivela donna dell’ascolto, capace di vedere nella sua vita avverata la Parola a lungo conosciuta e meditata. E anche a noi lei insegna che una fede vera non può prescindere dall’ascolto della Parola. La vera preghiera a un certo punto è tacere, consegnarsi a Dio e ascoltare la sua Parola. La Parola si fa grammatica per la nostra vita, è l’indice che scorre sotto i risvolti di ogni palpito della nostra esistenza per interpretarli e dare ad essi un senso, un orizzonte, un perché. Nell’ascolto sta la chiamata a non perdere nemmeno un attimo della nostra vita e a darle forma nella vocazione all’amore. Mi piace però pensare che Maria non abbia ascoltato solo le parole del Libro ma anche sia stata capace di mettersi in ascolto ed interpretare le pagine aperte della vita della sua gente in cui si ritrova la presenza di Dio. Anzi, Maria, perché ascoltava il suo Signore, era capace di ascoltare e farsi accogliente verso il grido della gente che le stava accanto. Maria non era indifferente al grido dei poveri, alla sofferenza della sua gente schiacciata dal Potere dei grandi di questo mondo, non le era estraneo il desiderio di vedere l’alba di un’era nuova, quella del Messia. Mi piace pensare che questa passione per l’ascolto Maria l’abbia insegnata anche a Gesù che aveva una Parola capace di illuminare il cuore come un lampo nel cuore della notte proprio perché prima era capace di fermarsi in ascolto del Padre suo e della sua gente.
Maria però, nella sua vita. è stata anche Madre del dolore, sa bene cosa sia il buio della fede e la notte dello Spirito e anche il dramma della croce, della morte e della tentazione della disperazione. Maria ha dovuto presto abituarsi al fatto che la fede non è fatta solo di slanci, di festa e di consolazioni ma anche di fedeltà rosicata giorno dopo giorno, di salti nel buio, di deserti lunghi e silenziosi in cui Dio sembra non esserci o che non voglia rivelarsi. Maria poi sa cosa significa il Male che si avventa sul Bene e sembra consumarlo, distruggerlo, annientarlo. Maria sa cos’è la notte della disperazione e sa che Dio però non lascia troppo brancolare nel buio i suoi figli perché altrimenti si perderebbero. E così Maria ci insegna che se nel cammino della nostra fede anche noi incontriamo l’ostacolo, la paura, la tenebra, se anche noi non vediamo oltre la croce di ogni giorno o non sentiamo più la voce di Dio non siamo sulla cattiva strada ma stiamo percorrendo il deserto che è solo la tappa intermedia alla gioia, quella vera. La sua mano stretta alla nostra, se anche noi siamo nel dolore, ci fa sentire che, come lei per Grazia, ce l’ha fatta a sfidare la vita e a vincere la battaglia, anche a noi Dio non nasconderà a lungo il suo volto e capiremo che il dolore non arriva mai inutile ma come un crogiuolo in cui il nostro cuore viene provato con il fuoco per purificarsi. Se vogliamo anche noi attraccare e gettare l’ancora della nostra vita in Cielo, per arrivare alle stelle, non possiamo non passare dalla strettoia aspra del cammino della vita. Per aspera ad astra dicevano gli antichi. La festa di oggi guarisce il nostro sguardo miope e lo allunga oltre l’orizzonte della sofferenza del presente: il Dio che abbiamo incontrato nell’ascolto non ci abbandona nell’ora del dolore e ci attende nel suo abbraccio.
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