sabato 1 agosto 2009

nona dopo Pentecoste

Ho pensato di intermezzare il mio commento alla Liturgia della Parola di oggi con una poesia del 1946 di Madeleine Delbrel che si intitola Il ballo dell’obbedienza

E' il 14 luglio./Tutti si apprestano a danzare./Dappertutto il mondo, dopo anni dopo mesi, danza./Ondate di guerra, ondate di ballo./C'è proprio molto rumore./La gente seria è a letto/ I religiosi dicono il mattutino di sant'Enrico, re./Ed io, penso/all'altro re./Al re David che/danzava davanti all'Arca./Perché se ci sono molti santi che non amano danzare,/ce ne sono molti altri che hanno avuto bisogno di danzare,/tanto erano felici di vivere…/Perché io penso che tu forse ne abbia abbastanza/della gente che, sempre, parla di servirti col piglio da condottiero,/di conoscerti con aria da professore,/di raggiungerti con regole sportive,/di amarti come si ama in un matrimonio invecchiato.
C’è un che di follia negli uomini e nelle donne di fede. Penso al re Davide nell’episodio che la lettura di oggi ci presenta; penso a Paolo e alla sua convinzione di essere un piccolo strumento nelle mani di Dio: tanto più guarda alla sua debolezza tanto più si sente adatto alla missione perché si rivelino solo la Grazia e la Potenza di Dio; e penso a Gesù, anche lui folle nel seguire la strada della croce e testardo nel proporre la sua follia a tutti quelli che hanno deciso di stragli dietro, nel volere che noi uniamo il nostro destino al suo nella logica sconvolgente di una vita giocata in pura perdita di se stessi per conquistare il Regno. Una via che ha all’apparenza il sapore amaro della sofferenza ma, oltre questa, contiene il segreto della felicità che sta tutta nell’essere fuori di sé, estatici d’amore per il Padre e folli nella carità verso tutti quelli che incontriamo sulla nostra strada. E così è stato per tanti santi di ieri ma anche di oggi. Ma se pensiamo anche alla nostra esperienza, a chi ci ha trasmesso la fede con coraggio e decisione, non possiamo non riconoscere in loro una follia che li proiettava oltre gli schemi del quotidiano, una capacità di prendere in mano la vita e leggerla alla luce di una sapienza più grande di quella del mondo, li sosteneva una speranza incrollabile oppure li guidava un amore davvero disinteressato che in noi ha lasciato un segno indelebile. Come sarebbe bello se lo Spirito, che scende in abbondanza su di noi in questa celebrazione, oggi ci afferrasse e ci mettesse in cuore la voglia di danzare, la voglia di inventarci un modo nostro singolare e allegro per dire la gioia della nostra fede che talvolta davvero sembra l’amore di un matrimonio invecchiato senza slanci, senza calore!

Per essere un buon danzatore, con te come con tutti,/non occorre sapere dove la danza conduce./Basta seguire,/essere gioioso,/essere leggero,/e soprattutto non essere rigido./Non occorre chiederti spiegazioni/sui passi che ti piace di segnare./Bisogna essere come un prolungamento,/vivo ed agile, di te./E ricevere da te la trasmissione del ritmo che l'orchestra/scandisce./Non bisogna volere avanzare a tutti i costi,/ma accettare di tornare indietro, di andare di fianco./Bisogna saper fermarsi e saper scivolare invece di/camminare./Ma non sarebbero che passi da stupidi/se la musica non ne facesse un'armonia./Ma noi dimentichiamo la musica del tuo Spirito,/Signore, vieni ad invitarci.
Certo che ora qualcuno potrebbe obiettare a quello che ho detto fin d’ora dicendo che mi manca il senso pratico, che sarebbe troppo bello se la vita fosse una danza e tutto fosse sempre ritmato dall’armonia e dalla positività. In effetti il quotidiano è sempre pieno di incognite, di croci e di fardelli spesso pesantissimi che tolgono la felicità: col passare del tempo i sogni si assopiscono, i problemi aumentano, ci sentiamo insicuri come in un mare in tempesta sballottati dalle onde di mille difficoltà soprattutto se si affacciano all’orizzonte le nubi della malattia o della morte. Nessuno nega tutto questo. Gesù, nel suo Vangelo, oggi, parla di croce e di strada in salita. Ma la nostra fede non trasforma il brutto in bello, la sofferenza in gioia, non fa della nostra vita una spensierata bevuta di acqua e zucchero! Ci dice che la croce è solo il preludio della gloria e alla fine conta l’amore che hai messo nell’obbedienza alle sofferenze del quotidiano. E questo ci dà una gioia di fondo che nulla può turbare come i fondali del mare che rimangono calmi anche quando in superficie si scatenano le tempeste più violente. La fede non fa di noi degli estranei alle sofferenze del mondo, solo ci dona il segreto per non perdere la speranza e per non smarrire l’essenziale. Si può continuare a danzare solo se si accetta che sia Dio a darci il ritmo e noi non smettiamo di stare al suo passo. E allora tutto avrà un senso: quelle volte che procediamo in avanti e quelle volte in cui ci sembra di indietreggiare ma in realtà stiamo andando solo più a fondo della nostra vita, quelle volte in cui entriamo nel buio e ci sembra di non capire più nulla ma in realtà ci accorgiamo che Dio non ha mai smesso di abbracciarci, quelle volte che la musica sembra finita e in realtà si dipana per noi un’altra occasione.

Siamo pronti a danzarti questa corsa che dobbiamo fare,/questi conti, il pranzo da preparare, questa veglia in/cui avremo sonno./Siamo pronti a danzarti la danza del lavoro,/quella del caldo, e quella del freddo, più tardi./Se certe melodie sono spesso in minore, non ti diremo/che sono tristi;/Se altre ci fanno un poco ansimare, non ti diremo/che sono logoranti…/Facci vivere la nostra vita,/non come un gioco di scacchi dove tutto è calcolato,/non come una partita dove tutto è difficile,/non come un teorema che ci rompa il capo,/ma come una festa senza fine dove il tuo incontro si/rinnovella, come un ballo,/come una danza,/fra le braccia della tua grazia,/nella musica che riempie l'universo d'amore./Signore, vieni ad invitarci.
La vita è fatta di croci piccole e grandi. Quelle che noi consideriamo spesso inutili perdite di tempo mote volte sono le occasioni per testare il nostro amore per Dio e per i fratelli, per capire se davvero abbiamo imparato a vivere in perdita, al ritmo del Vangelo, oppure siamo tenacemente legati alle nostre cose, chiusi nel nostro egoismo e magari perennemente in attesa dell’occasione giusta per amare che, molto spesso, non arriva mai! Signore, vieni ad invitarci! Ogni giorno noi siamo pronti costi quel che costi la nostra vita, fuori dalla tua danza, è solo inutile tappezzeria!

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